“Ho realizzato i miei progetti, i miei sogni rimanendo in Sicilia”. Parole appassionate, intense, ricche di grande intensità ed amore per il proprio lavoro e la propria terra quelle del maestro Nino Lombardo durante il nostro incontro nel backstage del Teatro Brancati, Teatro della Città, per la rappresentazione di “Ragazzi per sempre … pazzi, cozze e rizzi”. Uno spettacolo comico e leggero, che conserva lo stupore degli anni cinquanta e la voglia di essere degli anni sessanta; ricco di scenette, canzoni e tanti ricordi. Tuccio Musumeci e Nino Lombardo, con la regia di Antonello Capodici, le scene di Riccardo Perricone, i costumi de Le Sorelle Rinaldi, il video maker Roberto Gallà, e gli attori Giorgia Migliore, Ivano Falco, Enrico Manna e Claudio Musumeci, raccontano com’era una volta Catania sfogliando il loro album dei ricordi.
“Ragazzi per sempre … pazzi, cozze e rizzi” è un’opera a metà tra la commedia e il varietà degli anni d’oro, nel quale si ripercorrono le tappe salienti della vostra carriera. Con quale spirito avete riaperto l’album dei ricordi e denudato la vostra anima al pubblico?
“Non abbiamo fatto nessuna fatica, poiché quotidianamente leggiamo e rileggiamo, tutti i giorni, il libro dei ricordi scrivendo sempre una pagina in più. Guardiamo avanti finché ci è dato farlo, ma sicuramente la memoria è una parte importante della nostra vita, per capire chi eravamo e dove siamo arrivati. Noi proveniamo da una lunga gavetta e non dimenticherò mai come attraverso l’esperienza si è riusciti a finalizzare il proprio lavoro e costruire i propri sogni. Andavo a suonare ad Acicastello e la sera quando con il mio complesso finivamo di suonare non c’erano gli autobus, perché era troppo tardi, così tornavamo a Catania a piedi. Queste cose lasciano un segno. I ricordi tristi, a volte, come quelli del dopoguerra, paragonati alle miserie di oggi possono diventare delle cose belle. Una volta si cercava sempre il lato positivo, piangevamo e ridevamo con poco ed eravamo felici”.
Come si resta ragazzi per sempre?
“A questa domanda dovrebbero rispondere i siciliani, perché io non sono mai andato via dalla Sicilia e nella mia terra ho avuto la possibilità di coronare il mio sogno. Io la fortuna l’ho trovata qui; ho cominciato a ricevere le richieste dal nord lavorando a casa. Sono stato chiamato da Silvio Gigli per il programma “Sorella Radio”, ho collaborato con Mike Bongiorno e il Quartetto Cetra. Poi arrivò anche la proposta del Festival di Sanremo che rifiutai insieme alla tournee con Garinei e Giovannini, perché i siciliani mi permettevano di vivere facendo musica, cioè facendo quello che avevo sempre sognato. Mi sentivo totalmente gratificato. Solo con la musica sono riuscito a portare avanti una famiglia, a crescere due bambini. Sono felicissimo di tutto”.
Ripercorrete la storia del costume e dello spettacolo italiano. Com’è cambiata, secondo lei, la nostra società? Come giudica questa crisi sociale dei valori e del costume?
“Mia moglie, spesso, mi dice: “ Scendi dalla nuvoletta”. Io vivo distaccatamente da questa società e preferisco non lasciarmi attaccare dalle invidie e dalle ripicche della quotidianità. Non ho mai conosciuto l’invidia, non m’interessa ostentare. Mi piace vivere tranquillo e trovare negli altri il lato positivo”.
Un ricordo della sua Catania?
“Certo. Non dimenticherò mai certe strade di Catania, quelle in cui una volta c’erano i bassi; imboccando queste stradine ascoltavo la radio che era sintonizzata sempre sulla stessa canzone. Avevo quattordici anni e Nilla Pizzi imperversava. Riuscivo nel tragitto ad imparare benissimo la canzone e tornando a casa sapevo già suonarla”.
Il suo stile è inconfondibile. Come si diventa maestri del piano e della musica? Un consiglio.
“Io non credo che possa dare consigli in quanto sono un semplice autodidatta. L’unica cosa nella vita è cercare di apprendere dai più grandi e trasformare in estro personale ciò che si è appreso senza imitare”.
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