“Inutile tacere, stupido nascondersi per paura di essere giudicate da una società maschilista e possessiva”. Pilar Maria Dolores Castiglia è un avvocato che da anni combatte con e per le donne. Presidente e fondatrice del “Centro Antiviolenza e Antistalking Calypso” di Biancavilla decide di scendere in campo e di combattere, come meglio può, la violenza fisica e psicologica sulle donne rischiando in prima persona e subendo nel corso della sua attività legale pressioni e minacce dalla parte avversa. “Il mio lavoro mi porta a confrontarmi ogni giorno con realtà devastanti e, spesso, subisco la ferocia di alcuni uomini che mi vedono come un ostacolo per la realizzazione dei loro squallidi propositi di prevaricazione e violenza”.
Cosa ha dovuto subire per difendere le sue assistite?
“Recentemente, un familiare di un ragazzo che è agli arresti domiciliari per il reato di atti persecutori, il cosiddetto stalking, mi ha telefonato e mi ha rivolto delle minacce dicendomi chiaramente, tra le altre cose, che mi potrebbe capitare un incidente. Ovviamente, mi appresto a denunciare l’accaduto non avendo la minima intenzione di desistere dall’assistere la ragazza che lo ha denunciato”.
Da alcuni anni è impegnata attivamente nella lotta contro la violenza sulle donne, perché ancora oggi è così difficile denunciare le violenze subite?
“Le donne hanno paura, perché sono soggiogate psicologicamente dal loro carnefice. Vivono nella vana speranza che lui cambi, perché hanno vergogna o addirittura paura di non essere credute, a volte, neanche dalla loro famiglia di origine o dalle stesse Istituzioni a cui chiedono aiuto. Non dimentichiamo la questione del lavoro altro elemento di freno nella possibile denuncia. Una donna che non è autonoma economicamente non può lasciare il marito o il compagno violento, perché non saprebbe come mantenere se e i suoi figli e, addirittura, non saprebbe neanche dove andare a vivere”.
Chi sono le donne che si rivolgono a lei?
“Donne di ogni genere. Giovanissime e donne adulte. Donne istruite e non. Professioniste e casalinghe. Benestanti e poverissime. La violenza sulle donne è un fenomeno trasversale che riguarda tutto il genere femminile senza distinzione di studi, cultura, benessere economico, estrazione sociale. Più alto è il livello culturale e sociale e più è difficile che la donna denunci, perché ha paura dei pregiudizi sociali e, inoltre, teme di essere etichettata. La nostra “cultura”, purtroppo, ci porta ancora a colpevolizzare le donne che vivono il fenomeno di violenza”.
Quanto è importante l’aiuto della famiglia, degli amici per superare il trauma psicologico della violenza?
“Ovviamente bisogna farsi sostenere da professionisti del settore. È fondamentale il supporto psicologico, affinché aiuti la vittima a distaccarsi dal proprio carnefice e a trovare il coraggio di reagire. Tale sostegno deve anche essere orientato ad aiutare la donna ad affrontare il doloroso iter della denuncia e del successivo processo. È, certamente, importante l’apporto familiare e, in generale, delle persone vicine alla vittima la quale si sente sola, abbandonata da tutti e vede il suo stato di sofferenza come insuperabile”.
Le donne che chiedono la sua tutela e il suo aiuto riescono a superare il trauma e di conseguenza vivere una vita normale?
“Certamente. Una volta che le donne trovano la forza e il coraggio di affrontare la situazione e di reagire alle angherie subite e, con l’aiuto adeguato, riescono ad avere delle risposte dalle Istituzioni, con il tempo e, lo ribadisco, con il giusto sostegno psicologico, cominciano ad apprezzare la vita lontano da quel carnefice rispetto al quale, molto spesso, hanno sviluppato un rapporto di vera e propria dipendenza”.
Nel suo lavoro è fondamentale rimanere freddi e lucidi, ma c’è stato qualche caso in cui non ha potuto non commuoversi e immedesimarsi come donna?
“E’ difficile ma è quello che una professionista deve fare. Rimanere lucida al fine di affrontare le situazioni in modo tempestivo e mirato, soprattutto nei casi di emergenza. Ho provato una vera e propria preoccupazione nei giorni in cui una vittima era stata sequestrata dall’ex compagno, perché tutti temevamo che si potesse trattare di un caso di omicidio-suicidio, fortunatamente poi non verificatosi. Ho sofferto molto al racconto di una ragazza che mi ha descritto nel dettaglio gli abusi sessuali subiti da bambina. Ho sofferto sia per la descrizione dei turpi atti in sé e sia perché avevo davanti a me una ragazza devastata”.
Qual è l’errore più grave che le donne non debbono commettere quando si trovano in situazioni al “limite” come quelle da lei affrontate?
“Non devono tacere. Non devono proteggere il loro carnefice. Non devono mentire al pronto soccorso giustificando i lividi con una banale caduta. Non devono, soprattutto, giustificare l’uomo violento e non devono credere che cambierà. Un uomo violento non cambia, semmai, peggiora”.
Essendo avvocato sa bene che i tempi giudiziari sono molto lunghi per potere sperare di riuscire ad ottenere giustizia, spesso queste lungaggini burocratiche sono d’intralcio per la donna che decide di denunciare la propria sofferenza. In questo caso come aiuta le sue assistite a superare in maniera tranquilla tutto ciò?
“I tempi sono lunghi, è vero, ma gli strumenti ci sono. Corroborando la denuncia con l’indicazione di tutti gli elementi utili che possano agevolare gli inquirenti, si può ottenere una misura cautelare che, nelle norme dei tempi giudiziari, comporti l’allontanamento dell’uomo violento dalla vittima, o addirittura la sua carcerazione. Importantissimi sono i referti medici. La donna che subisce violenza sia fisica che psicologica deve sempre recarsi in ospedale, dove provvederanno alle cure necessarie e alla redazione del referto, documento fondamentale nell’ambito del procedimento penale”.
Il nostro è un giornale che parla di donne. Vogliamo tendere una mano d’aiuto a tutte coloro che soffrono per colpa di un marito, un compagno o un padre?
“Certo. Io mi pregio di essere presidente del “Centro Antiviolenza Antistalking Calypso” e, insieme alle altre operatrici, mi adopero per ascoltare le donne vittime di violenza e per fornire loro una assistenza reale e concreta. Invoco le donne che subiscono violenza a chiamarci e prendere un appuntamento con noi. Il solo parlare potrà essere loro di aiuto. Se poi, c’è da agire, ci attiveremo a 360 gradi per aiutare la vittima. L’importante è non arrendersi alla violenza dilagante di cui ogni giorno abbiamo notizia. Non ci si deve mai arrendere. Si può andare avanti… sempre”.
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