Pippo Failla: “Mi piace definirmi surrealista”


Lo scultore Pippo Failla

Statue, floridi corpi di donna, creature mitologiche e disegni fra cui un ritratto alla propria nonna in rame sbalzato compongono la mostra “Il disegno per la materia”, allestita nei locali del Palazzo della Cultura e visitabile fino al trenta novembre, del Maestro Pippo Failla. Camminando con l’artista catanese osservati dalle sue creature, che lui chiama affettuosamente “pezze e core”, ci addentriamo in quel mondo in cui il tocco leggiadro della sua arte riesce a dare alle sue opere un giusto equilibrio tra stasi e movimento.
Qual è il messaggio di questa particolare mostra?
“Quest’esposizione nasce per educare tutti coloro che ignorano cosa sia l’arte. Sarebbe bello che la gente e, soprattutto, chi ci amministra capisse che dove c’è arte la civiltà regna”.
In ogni opera è presente, sotto varie forme, il corpo della donna ed in particolare il seno. Ci spiega da cosa dipende questa scelta?
“Tutto è collegato alla madre e all’amore materno. Noi nasciamo, viviamo e moriamo nel seno materno”.

Una scultura dell'artista
Una scultura dell’artista

Quando ha incominciato a lavorare il ferro?
“Penso da sempre. Non ho mai conosciuto i giochi da bambino. A dieci anni ero già maestro, perché riuscivo a cesellare anche i particolari più piccoli e complicati di una scultura”.
Ha imparato il mestiere da suo padre
“Sono un figlio d’artigiano. Mio padre era un restauratore di campane e da lui ho imparato a lavorare. Sono nato lavorando”.
Con suo padre ha creato importanti ed imponenti lavori artistici come la porta della Chiesa di Monserrato, quartiere in cui è cresciuto. Cosa ricorda di quel momento e come ha reagito a lavoro terminato la comunità parrocchiale?
“Senza dubbio è stata una soddisfazione molto grande. Erano gli inizi degli anni cinquanta e ricordo che il parroco insieme a tutti i fedeli ci abbracciò in un forte applauso e ci emozionammo fino alle lacrime. Molte mie opere sono esposte anche nei Musei Vaticani. Ho sempre avuto un legame particolare con la Chiesa. La porta della Chiesa di Santa Maria di Gesù a Caltagirone e quella della cattedrale di Enna sono state realizzate da me, quando il sole riflette sui disegni e sulle cesellature lo spettacolo è sublime e starei ore ad ammirarle”.
È stato per dodici anni professore all’Accademia di Belle Arti di Zurigo. Ci parla di quest’esperienza?
“Da ragazzo volevo studiare danza, perché mi piaceva ballare e andai a Milano per studiare. Gli studi costavano troppo e per mantenermi lavoravo in una bottega artigianale a Vigevano, dove ho conseguito l’abilitazione come Maestro d’Arte. Alcuni amici mi presentarono il direttore dell’Accademia di Zurigo, il quale fu subito entusiasta delle mie opere, così per dodici anni la mia vita si spostò in Svizzera dove ottenni tanti ed importanti riconoscimenti”.
Quando si scrive, si dipinge o si disegna c’è sempre un motivo. Cosa spinge Pippo Failla a creare opere d’arte?
“Disegno ogni giorno. Tutto quello che è esposto è una piccola parte di ciò che in verità ho fatto. Descrivo la realtà umana. Mi piace definirmi surrealista”.

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