Qbeta. Presto un brano inedito


A poche ore dal concerto al Ma di Catania, nell’ambito degli incontri musicali Diskopartyzan 3.0, incontriamo Peppe, il leader dei Qbeta, special guest della serata. Tanti i successi del noto gruppo musicale che hanno portato i colori e i suoni della cultura siciliana in giro nel mondo sino a creare una particolare simbiosi con il funky e molti altri generi musicali apparentemente diversi e lontani dalla nostra cultura costruendo in vent’anni di carriera una realtà musicale solida e concreta.

Come vi state preparando alla realizzazione di questo concerto? Cosa avete programmato?

“Musicalmente esistiamo da un ventennio e la scaletta, ogni volta, nasce quasi sempre un’ora prima del concerto, perché abbiamo tanto da proporre al pubblico. È, ovviamente, fondamentale avere un’idea di chi avremo davanti. Il modo di proporre la nostra musica varia da luogo a luogo. Quando suoniamo nelle piazze proponiamo un tipo di brani diversi rispetto ad un concerto al chiuso”.

La home del vostro sito si apre con questa frase: “Il mandorlo è in fiore ed io che sogno un viaggio nel mondo”. Sono delle parole che identificano il vostro modo di vivere e pensare la musica. Qual è il messaggio che volete dare a chi legge?

“Questo verso si trova nel nostro ultimo disco e serve a delineare  i parametri della nostra musica. Da qui parte il binomio e l’unione tra la nostra cultura e quella degli altri popoli. È una metafora, perché il mandorlo s’innesta facilmente con altri generi di alberi. Noi siamo come il mandorlo, perché nonostante la nostra sicilianità sia fortemente radicata nel nostro animo sentiamo il bisogno di conoscere e approfondire le altre realtà, in particolare quelle del sud del mondo. Ci piace mescolare il tutto e creare un prodotto musicale alternativo e attraente”.

Avete partecipato più volte al concerto del 1° maggio a Roma. Cosa significa suonare davanti ad un pubblico così vasto. Ha senso, oggi, un concerto per i lavoratori con l’attuale crisi economica che stiamo vivendo?

“È la festa dei non lavoratori, perché chi festeggia non ha un lavoro. Dovrebbe cambiare il nome della festa e l’essenza stessa della nostra società. Salire sul palco del primo maggio è stato importante ma suonare davanti ad una così grande vastità di gente, per noi, non è stata la prima volta. Abbiamo già suonato in Brasile, Russia e Texas e sempre davanti ad un pubblico molto numeroso e variegato. È bello riuscire a gestire emozioni così grandi”.

Nel 2009 avete partecipato al Festival della Canzone Siciliana. Come mai avete deciso di partecipare?

“Ci hanno chiesto di partecipare e abbiamo accettato con gioia. Una bella esperienza, che ci ha dato la possibilità di stare a contatto con tutti i musicisti siciliani. Siamo stati fortunati. Abbiamo avuto, fino ad oggi, grandi opportunità anche all’estero di poter diffondere la nostra musica. La sensazione più importante e coinvolgente viene dal pubblico, che sentiamo sempre partecipe”.

Nel 2007 avete vinto il premio “Franchi – Ingrassia”, sfatando così il famoso detto nemo propheta in patria.

(ride)

“È vero! La nostra musica è molto apprezzata in Sicilia. Nell’arte spesso nei luoghi di nascita non si è compresi. Il popolo siciliano risponde bene alla nostra musica e ne siamo fieri”.

Catania è una città molto attiva culturalmente. Cosa ne pensa della nostra realtà musicale?

“Catania era considerata la Seattle del sud. Negli anni ottanta e novanta la nostra città era una fucina di talenti. Ora, forse, non è più così. Questo non significa però che non ci sia più fermento. Io sono convinto che le novità, le grandi idee, avvengono dove c’è disagio, per questo il sud è ricco di talenti. Nella scena nazionale in questo momento c’è anche una grande crisi creativa. I cantautori oggi si ripetono sempre creando spesso e volentieri solo canzoni tristi. Non mi piace questa situazione”.

La musica è arte. Possiamo avere una sua definizione?

“Io credo che l’arte, sotto ogni sfaccettatura, sia un inno alla vita. Per me è una religione. Mi piace guardare o immaginare a centocinquanta metri dai miei occhi. Voglio e preferisco guardare lontano”.

Come nasce una vostra canzone?

“La semplicità è il nostro motto. Vedere gli esseri umani vivere, muoversi è uno stimolo. Tutto quello che succede, anche il più piccolo particolare, può essere fonte d’ispirazione. M’interessa descrivere tutto quello che non viene visto, perché semplice. Comprendere la semplicità, a volte, è più difficile di quello che possa sembrare”.

Come sono nati i Qbeta?

“Sono stato attratto dalla poesia e dalla parola. Mi hanno sempre emozionato i versi di Pablo Neruda e da lì ho cominciato a scrivere e suonare. Durante le mie feste in campagna, giorno dopo giorno, in compagnia degli amici più cari abbiamo dato vita a quello che sono oggi i Qbeta”.

Prossimi impegni lavorativi?

“Stiamo registrando un brano inedito con il relativo video, che vedrà luce il prossimo mese. Inoltre saremo a Ramacca per la Sagra del carciofo. È stimolante suonare nelle feste di paese, perché la gente è più viva e solare che mai”.

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