Quelli del Gatto Blu: “Nella vita è importante non prendersi mai troppo sul serio”


gatto blu

“Non bisogna mai sentirsi arrivati e, soprattutto, quando arriva il successo è un dovere mantenere i piedi ben saldi per terra”. Questa la filosofia di vita che da oltre trent’anni costituisce il modus vivendi della Compagnia Il Gatto Blu. Gino Astorina, Luciano Messina, Nuccio Morabito, Pippo Marziale e Francesca Agate si raccontano amabilmente, sincronizzando le loro battute e i loro interventi, dando ampio respiro alla loro anima di eterni ragazzi. Nel backstage del loro quartiere generale, Sala Harpago – Il Gatto Blu, nel cuore della Catania storica, alla vigilia del loro debutto al Cortile Platamone, con un esilarante spettacolo di cabaret, interamente curato,ideato, scritto e diretto dai membri della Compagnia, capiamo come è facile rimanere giovani per sempre. “Lavorare divertendosi è il più grande dono che la vita ci può aver fatto, perché realizzare i propri sogni da adolescenti è il maggiore successo che si possa ottenere”.

 


La vostra goliardia, il vostro humor e il vostro inconfondibile stile nel descrivere il sociale e la quotidianità è arrivato anche all’università; infatti è nata, da parecchi anni una stretta collaborazione tra la Facoltà di Lettere e Filosofia e il programma, Sotto a chi Talk, condotto da Gino Astorina. È stato creato un laboratorio didattico seguito in maniera copiosa da una quantità strabiliante di studenti, com’è nata questa collaborazione?

“Il tutto è nato casualmente, nessuno pensava che la mia presenza in radio potesse creare tanto scalpore da creare un laboratorio didattico. Ho accettato con immenso piacere, ma sicuramente la cosa che mi ha gratificato maggiormente in questi anni è vedere come gli universitari partecipino con tanta cura e dedizione alle lezioni. Devo dire con orgoglio che il mio laboratorio è, probabilmente, il più seguito tra tutte le attività didattiche”.

Un uomo di spettacolo sale in cattedra e vive il mondo universitario in maniera più semplice e spensierata tutto il contesto accademico. Cosa le ha dato quest’esperienza?

“Mantengo sempre la mia posizione da non docente; infatti l’università la frequento solo il primo giorno in cui hanno inizio le attività didattiche, per dare l’appuntamento ai ragazzi in radio e coordinare il tutto. La mia non è una docenza cattedratica, sono i ragazzi che con le loro emozioni mi donano qualcosa in più. C’è un avvicinamento, un nuovo modo di pensare, si crea un nuovo linguaggio, perché nonostante la radio possa sembrare un media obsoleto, in realtà è in continua evoluzione. Una volta si ascoltava la radio solo in casa, ora il servizio radiofonico viene addirittura fruito nel telefonino o sul web. La Radio è un media che segue la tecnologia; senza esagerare paragonerei essa ad un virus che riesce a modificarsi in base al tempo che si sta vivendo”.

Cosa ne pensa delle Radio Web?

“Credo che siano una nuova frontiera. Mi piacciono sia le Radio Web che i Web Magazine; è importante che essi non siano una copia dei modelli già esistenti, perché tutto ciò sarebbe inutile. È fondamentale dire sempre qualcosa di nuovo e non copiare”.

Nel vostro lavoro è facile essere a contatto con i giovani; le nuove generazioni sono i primi a dover sopportare le ingiustizie di questo governo e vengono spesso etichettati come sfaccendati senza speranza. I troppi tagli alla cultura stanno peggiorando la nostra società, oramai, neanche le più alte qualifiche danno la possibilità di ottenere la sicurezza di un posto di lavoro. Cosa ne pensate di tutto ciò?

Continua Luciano Messina:“I vari governi, che si sono avvicendati nel corso degli anni, non si sono mai preoccupati dei ragazzi. Oggi, come ieri, non esistono né opportunità né si creano possibilità. I tagli alla cultura sono fatti da un governo che di cultura non ha nulla e non capisce nulla di essa. Oggi siamo a livello del vuoto assoluto, prova è il fatto che la quasi eliminazione della cultura dalla nostra società è, secondo i nostri ministri, una naturale eliminazione del superfluo. Nessun ministro si preoccupa di curare l’arte, lo spettacolo in genere. Si deve cambiare il sistema, perché così non si va da nessuna parte. I ragazzi studiano, ed è giusto che lo facciano, ma il loro futuro è troppo nero e non si può negare il domani ai nostri figli dopo anni consumati sui libri. Si parla di fuga di cervelli dall’Italia, fanno bene i ragazzi ad andare via, ma il problema è legato a tutti quei non cervelli che restano. Noi non possiamo fare altro che registrare la situazione politica attuale e rapportarla alla nostra qualità artistica; è inutile nascondere che la società di oggi ci dà infiniti spunti, per creare situazioni nuove di cabaret”.

La vostra collaborazione dura da oltre trent’anni. Qual è, se c’è, il segreto per rimanere insieme tanti anni insieme? Come reclutate le nuove leve?

Risponde Nuccio Morabito:“Semplice! Ci sopportiamo a vicenda e non sciogliamo il gruppo per non dare soddisfazione o piacere a nessuno di noi! (ridono tutti) Ci amiamo e ci odiamo cordialmente, così grazie a quest’odio – amore siamo rimasti insieme tanti anni”.

Completa la risposta Francesca Agate da sette anni con il gruppo. “io sono la new entry, mi hanno reclutato grazie ad uno spettacolo che ho fatto con i miei illustri colleghi per caso. Li ho quasi obbligati ( annuiscono ridendo ) a farmi rimanere. Mi hanno reclutato su face book … a volte i social network, come in questo caso, sono molto utili”.

Oggi tutti fanno cabaret pensando che sia una cosa facile da realizzare. Tutti cercano di entrare nel mondo dello spettacolo attraverso i reality, senza comprendere la differenza tra notorietà e successo sudato e consolidato negli anni, la televisione è invasa dal non professionalità. Una vostra opinione.

Incalza Luciano Messina: “Chi vuole fare questo lavoro deve pensare che questo non è un lavoro; deve vivere questa passione come un hobby, perché i guadagni non esistono. Si deve iniziare e proseguire con questo spirito”.

Riprende Pippo Marziale. “Con questo lavoro non si campa. Se veramente  si crede in quello che si sta facendo il tutto deve essere vissuto come una missione e affrontare i tantissimi sacrifici non come un peso, ma come un traguardo da raggiungere; così un domani, forse, senza accorgersene, ci si potrà svegliare con una professionalità e, può darsi, che arrivino i primi guadagni”.

Ritorna Luciano Messina. “Noi siamo ancora qui, perché abbiamo utilizzato questo tipo di filosofia e nessuno di noi ha abbandonato il proprio lavoro pensando di vivere con il cabaret”.

Catania è una città molto particolare, oserei dire teatrale, quanto c’è di Catania nelle vostre performance?

Ridono tutti.

Risponde Gino Astorina:“ Noi siamo nati  nel perimetro delle mura della città, tranne Francesca che è nativa di Trapani, ma catanese d’adozione. Abbiamo vissuto la nostra infanzia, la nostra gioventù nei luoghi dove il catanese esprime al meglio la sua “liscia”. Siamo tutti figli dell’innata teatralità etnea dalla quale, ogni giorno, possiamo attingere per i nostri copioni”.

Conclude la risposta Luciano Messina.

“ Catania, secondo me, è un teatro vivente; la realtà di alcune situazioni tipicamente catanesi supera la finzione teatrale, creando delle vere e proprie gag immediate. Tutti i catanesi sono un po’ attori”.

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