Se in psicologia la resilienza è “la capacità di far fronte agli eventi traumatici e di riorganizzare positivamente la propria vita dinanzi alle difficoltà”, ecco che “resiliente” si definisce Stefania Pastori, ponendo, forte della sua esperienza personale, la lotta per i diritti delle donne, al centro della sua «missione». Corpi ribelli – Resilienza tra maltrattamenti e stalking (Kimerik, 2013), «manualetto agile, pratico e maneggevole» diventa, dunque, doppiamente terapeutico: per l’autrice che sente di dover tirar fuori il dolore da sé e per le lettrici che potranno leggervi indicazioni precise su luoghi, associazioni, professionisti, suggerimenti e consigli sulle modalità per affrontare la violenza e la prevaricazione. Un testo pro donne e una casa editrice siciliana per un progetto tutto al femminile che superi ogni confine con un solo motto «Via dalle violenze domestiche prima che sia troppo tardi.»
Chi è Stefania Pastori? Sul tuo blog, pastoristefaniagloss, hai scritto che nel cognome di ognuno di noi è segnata “la missione della nostra vita”, qual è la tua?
«Sebbene non ami la guerra e abbia un carattere dolce, Stefania Pastori è una combattente che lotta per i diritti delle donne. E non parlo solo di violenza di genere, ma anche di Glass Cieling, quel tristo fenomeno che si verifica all’interno di una struttura aziendale quando viene di fatto impedito alla donna di assurgere a cariche paritetiche a quelle maschili. Quanto al mio cognome, prende spunto dal detto: Nomen Omen. Pastori è un cognome longobardo. I longobardi erano pastori e condottieri. Quindi, o nell’accezione di conducente di pecorelle smarrite, o in quella di condottiera, il mio cognome sono io. Le “mie pecorelle smarrite” sono le donne maltrattate tra le pareti domestiche, che smarriscono il senso della propria dignità a tal punto da non sapere più riconoscere la violenza. Portare loro il mio esempio per condurle via di lì, è ormai diventata la mia missione.»
Che cos’è GLOSS, è nato tutto da qui?
«GLOSS è l’acronimo di Gruppo di Lavoro e Osservatorio Sessismo e Stalking. La parola GLOSS è emersa da un’attività che avevo iniziato su Facebook radunando in un gruppo segreto le donne che mi confidavano di essere state oggetto di violenza in famiglia. Le incontravo dal vivo, o le intervistavo su Skype per conoscere la loro storia di dolore. Una volta assicuratami che non fossero fake, permettevo loro l’accesso al gruppo: era una modalità per garantire la privacy di tutte, lontane dai loro persecutori, così si sentivano protette e al sicuro. Nel gruppo erano presenti anche operatrici di centri anti-violenza, avvocate di genere, psicologhe specializzate, così nel giro di pochi mesi, il gruppo radunava un centinaio di donne che si aiutavano e si consigliavano gratuitamente. Ne emergevano le criticità; tra queste, la più comune era la riduzione dell’autostima fino all’auto-annientamento. Uno dei consigli che ci donavamo era il tornare a prendersi cura del corpo, anche solo attraverso prassi banali come il make up, l’uso del rossetto, il gloss. Inoltre volevamo sentirci forti proprio grazie alle violenze ricevute, ci piaceva definirci “donne scintillanti perché lucidate a suon di botte”, quindi gloss.»
Quando e perché hai deciso di scrivere il libro?
«Entrai in contatto con un avvocato anti-stalking di Bar, Nicky Persico, che mi suggerì di radunare gli scritti del mio gruppo in un libro. Al momento, l’idea mi suonò pazzesca, irrealizzabile, ma aveva ragione. Stavo già andando tutti i giorni presso una mediateca Rai a guardare le puntate arretrate di Storie maledette e di Amori criminali. Volevo crearmi un metalinguaggio televisivo sull’argomento, anche perché all’epoca il mio scopo era di diventare l’inviata speciale delle donne maltrattate per Striscia la notizia con la cui redazione ero già in contatto. Ad ogni rientro, stavo così male che rigettavo nel water tutta la cattiveria assorbita. Ma non volevo più vomitare! Da lì, capii che sarei stata meglio se me ne fossi liberata scrivendo. Nel giro di quattro anni avevo raccolto diverso materiale. Chiesi a Nicky se avesse da suggerirmi una casa editrice sensibile al tema e mi parlò della siciliana Kimerik. Nel frattempo, avevo concluso un corso europeo in un ateneo milanese, con una tesina dal titolo Corpi ribelli, la mandai alla casa editrice e ricevetti subito il contratto.»
Ha tutta l’aria di essere una sorta di manuale, tu come lo definisci, di cosa parla?
«Sì, è nato fin da subito come manualetto agile, pratico e maneggevole, piccolo nel formato anche perché fosse facile da nascondere. Lo scopo del libro è quello di offrire strumenti atti ad uscire dalla violenza tra le mura di casa.»
Stefania, il titolo del libro la dice lunga, possiamo definirti una donna resiliente? Ci racconti la tua storia?
«Oh sì, sono una donna resiliente perché ho fatto delle difficoltà la mia forza. Rispetto a quella di tante donne restate in mano ai loro picchiatori per 10, 15, 20 anni, la mia storia è banale. Non voglio parlare dei 7 anni assieme al mio ex marito che precedettero le violenze. Furono 7 anni di vita meravigliosa, in cui mai venne fuori il suo carattere violento. Anzi, era persino femminista. Vivevamo in provincia di Torino, in una casa molto grande con vista sul lago. Eppure… Voglio far capire come una donna non sia mai sicura dall’essere sottoposta a violenza e soprattutto, come fare a venirne fuori. In fondo, i maltrattamenti durarono solo una quarantina di giorni, ma seguirono la curva parabolica ascendente che caratterizza tutti i maltrattamenti in famiglia, dalla violenza economica (lavoravo per il mio ex marito ed ero totalmente dipendente da lui dal punto di vista economico), a quella verbale e psicologica (mi accusò di tradimento proprio mentre mia figlia stava morendo e, al rientro dall’ospedale, mi cacciò dal letto coniugale), a quella fisica (mi minacciò con un coltello da cucina). Infine, mi fece recapitare la richiesta di separazione, che firmai subito. Cercai casa in quel di Milano, dove vivevano i miei cari. Una sera, dopo un normale diverbio, non potendo più prevaricarmi a parole, mi fece tacere con una testata sulla bocca e mi pigliò a calci in pancia. Avevo mia figlia in braccio, perché dopo la malattia, ancora non camminava, fortuna che ero stata dai Carabinieri alla minaccia col coltello, così durante le botte li chiamai e in meno di due minuti giunsero.»
Chi l’ha letto sostiene che non traspaiano emozioni, lo stile sembra quasi distaccato, dunque si può dimenticare, il tempo riesce a guarire anche questo tipo di ferite?
«Sì, riconosco queste parole, sono della criminologa Jenny Rizzo che ha letto e commentato il mio libro. Lo stile è distaccato perché era mio desiderio che non suscitasse curiosità morbosa, né pietismo, né vittimismo. Non è il tempo a guarire le ferite, è il lavoro che si fa sul sé. A partire dal supporto psicologico di specialiste (fui seguita dalla psicologa del centro anti-violenza in modo personale per sei mesi, prima, poi fui inserita in un gruppo di auto-mutuo-aiuto di donne maltrattate moderato da due psicologhe dello stesso centro), passando attraverso la presa di coscienza indotta a forza della visione di ore ed ore di materiale televisivo, alla scrittura come terapia, al confronto costruttivo con altre GLOSS… Tutt’oggi, a distanza di quasi 8 anni dall’evento traumatico, sento di essere ancora in cammino.»
Come conduce, Stefania la sua vita oggi?
«Oggi la mia vita è scrittura e testimonianza. Vedo mia figlia ogni 15 giorni e nelle ferie. Pochi amici, ma buoni. Ho problemi economici, ma è anche vero che i problemi sono fatti per essere risolti. Frequento di più mia mamma e mio fratello, i soli parenti che mi sono rimasti. Sono una mente curiosa e vivace e amo viaggiare. Attendo un amore che so che verrà, e se non verrà, mi farò suora.»
Un consiglio, “da donna a donna”, alle nostre lettrici?
«Non rinunciate ai vostri cari e alle vostre famiglie per un amore. E se lo fate, non isolatevi, ma circondatevi di amicizie. Siate autosufficienti sia nel denaro che in amore. E, se per disgrazia, vi trovate invischiate in situazioni violente in casa, ricordatevi sempre il motto: via dalle violenze domestiche prima che sia troppo tardi.»
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