Sarà Viola Graziosi a vestire i panni di Elena, la più bella tra le donne, nella tragedia Le Troiane di Euripide diretta da Muriel Mayette-Holtz. Lo spettacolo andrà in scena dal 10 maggio al 23 giugno nella suggestiva cornice del Teatro Greco di Siracusa. Quest’anno toccherà proprio a Elena salire sul banco degli imputati durante la tradizionale edizione di Agon, il processo simulato a uno dei protagonisti delle tragedie in programma. Leitmotiv della stagione teatrale sarà il binomio “Donne e guerra”. “Elena è sia colpevole che vittima e si può dire che scatena la guerra di Troia con le armi femminili, ovvero con la sua bellezza. – spiega l’attrice Viola Graziosi – La regista ha voluto dare voce a questa diversità di figure femminili, ognuna bellissima, complessa e profonda. C’è un grido d’amore in ciascuna di queste donne”. Dall’intervista a Viola Graziosi, figlia d’arte (di Paolo Graziosi) che fin da ragazzina ha manifestato la sua vocazione artistica, emergono diversi spunti di riflessione sulla controversa figura di Elena, fuggita col principe troiano Paride. Abbiamo colto l’occasione per chiederle anche cosa si prova a recitare in un teatro antichissimo come quello di Siracusa e quali sono i suoi progetti in cantiere.
Intervista all’attrice Viola Graziosi
Come definiresti il personaggio di Elena?
“Una donna bella, libera e colpevole. Elena è un personaggio molto affascinante da tutti i tempi, straordinariamente moderno e con un’umanità disarmante. Attraversa la vita e la passione ed è come se facesse da specchio perché grazie a lei emergono tendenze insite nella natura umana. È descritta come la donna più bella del mondo e causa dello scoppio della guerra di Troia, ma forse non era altro che il pretesto necessario. Mi colpisce particolarmente una frase finale che Elena rivolge al marito Menelao a cui dice: “Non è a te, non è a loro ma è a me che lo chiedo: cosa pensavo quando ho seguito lo straniero, tradendo la patria e la mia casa?”. Questa domanda racchiude la consapevolezza di Elena del fatto che noi umani conteniamo la dualità. Siamo giorno ma anche notte, portatori di bene e ma anche di male e non può esistere un elemento senza l’altro. Elena è una donna che lotta per far sentire la sua voce, non per professarsi pura e dalla moralità inflessibile ma per ammettere il suo errore.
Come pensa che si porrà il pubblico nei confronti di Elena durante la simulazione del processo?
“Mi auguro che la gente riconosca qualcosa di Elena dentro di sé e che non si fermi ad un primo livello, condannandola a morte, perché ciascuno ha il diritto di lottare per la vita, di onorarla e di toccare la propria debolezza fino in fondo. A colpirmi molto è la reazione delle donne che si accaniscono contro di lei più degli uomini. All’inizio di scena, infatti, Elena verrà quasi lapidata. Non fa effetto che Euripide, secoli prima di Cristo, affrontasse una tematica così attuale e che ancora oggi la condizione femminile sia così complicata e che il corpo della donna sollevi ancora tanti problemi? Basti pensare ai fatti di cronaca che sentiamo quotidianamente. Nella nostra società la donna virtuosa è associata alla figura di madre e di moglie e anche in teatro c’è la tendenza a dipingerla come santa o prostituta. Ma perché una donna deve coprirsi e avvilirsi se è portatrice di bellezza? Semplicemente perché la sua bellezza potrebbe scatenare turbamento?! Non è che si può dire al sole di non splendere…”
A proposito di donne, la stagione teatrale di Siracusa ruota attorno al tema “Donne e guerra”…
“Le donne in scena, tra coro e attrici, saranno ben 50. Alcune figure femminili, come Ecuba, Andromaca e Cassandra sono vittime della guerra. Elena, invece, è sia colpevole che vittima e si può dire che scatena la guerra di Troia con le armi femminili, ovvero con la sua bellezza. La regista Muriel Mayette-Holtz ha voluto dare voce a questa diversità di figure femminili, ognuna bellissima, complessa e profonda. C’è un grido d’amore in ciascuna di queste donne. Mi auguro che la liquidità del pensiero femminile (ovvero quello che è in grado di trasformarsi e adattarsi alle forme, senza spezzarsi come quello maschile e rigido) possa condurci ad una maggiore comprensione e accoglienza delle cose, molto prima di emettere un giudizio.”
Invece i personaggi maschili?
“Sono solo tre: Poseidone, Menelao e Taltibio. Fatta eccezione per Poseidone che è un dio, si tratta di personaggi molto umani nella loro pochezza e assenza di slanci eroici. Ad esempio, Menelao (che potremmo definire il grande cornuto della storia) viene assalito dall’angoscia e deve decidere se condannare a morte sua moglie Elena. Si rivela un personaggio dotato di umanità e rivoluzionario in quanto manifesta la sua difficoltà nella decisione da prendere. Alla fine, non opterà per un gesto estremo e sceglie di non ucciderla.”
Cosa si prova a recitare in uno scenario così intriso di storia come il Teatro Greco di Siracusa?
“Credo che sia una delle massime aspirazioni per un attore. È meraviglioso perché ci mette costantemente di fronte al fatto che siamo solo degli strumenti, che siamo piccoli e che niente inizia e finisce da noi. Il nostro ego è sempre il più grande demone da tenere a bada, soprattutto per un attore, ma a Siracusa questo non può succedere. È straordinario essere su quelle pietre a proferire parole che sentiamo nostre ma che in realtà sono state scritte secoli fa. Ti trovi lì e non puoi che arrenderti e aprire il cuore e far sì che le cose arrivino al pubblico attraverso di te. Inoltre, la nostra regista ha scelto di ridurre tutto all’essenziale: in scena non avremo musica o effetti, solo chitarra dal vivo e canti a cappella. Ci sarà il silenzio, le parole e i corpi degli attori senza ricorso a gesti plateali. Saremo messi a nudo e questa essenzialità è più disarmante. Per interpretare Elena la regista non ha voluto che indossassi una parrucca finta. Mi ha proposto delle extension provenienti dai templi indiani, dove i capelli sono considerati espressione massima di bellezza. Per me è stata quasi un’investitura e considero questi lunghi capelli una sorta di velo, qualcosa di puro. E anche quando mi spoglio non mi sento completamente nuda perché questa lunga chioma copre e rivela.”
Facciamo una digressione. Quando hai sentito il desiderio di diventare un’attrice?
“Sono figlia d’arte e mi sono sempre sentita attratta dal mondo di mio padre. Da bambina gli rubavo i copioni per impararli a memoria, disegnavo palcoscenici, teatri e costumi. Poi all’età di 12 anni ho comunicato a mio padre che avrei voluto intraprendere la sua strada e lui mi ha messa alla prova, chiedendomi di imparare il monologo di Giulietta. In quel periodo vivevo con mia madre in Tunisia, che lavorava all’Ambasciata, e venni a Siracusa durante le vacanze per stare con mio padre che alloggiava al residence Domus Mariae. La prima volta che recitai il monologo mi rispose con tono disgustato: “Beh no. Sembra una poesia recitata a scuola”. Così mentre lui era a provare Medea in teatro, io restavo in camera e mi disperavo, mi rotolavo a terra, guardavo il mare e cercavo di piangere per riuscire a sentire Giulietta e l’amore. Quando rientrava dalle prove ascoltava il mio monologo. Finalmente una sera mi disse: “Sì, hai talento”. Insomma, ho dovuto sudare tanto per il primo provino della mia vita.”
Hai dei progetti in cantiere per il momento?
“A luglio porterò in scena al festival di Napoli il monologo The Handmaid’s Tale (tratto dal romanzo di Margaret Atwood) diretto da Graziano Piazza, che è mio marito. Poi sarà la volta di Offelia Suite, tratto dal testo di Luca Cedrola (scritto apposta per me, visto che da giovanissima sono stata scelta da Carlo Cecchi proprio per interpretare Ofelia nell’Amleto di Shakespeare). Si tratta di un’opera contemporanea per voce, pianoforte e suono olofonico che debutterà in Sardegna alla Notte dei Poeti e poi girerà in altri festival. Inoltre, riprenderò un’Ecuba di Euripide, nel ruolo di Polissena, figlia di Ecuba che viene sacrificata alla tomba di Achille. Un’altra esperienza che mi diverte e che rappresenta per me una grande scommessa è L’esorcista in versione teatrale per la regia di Alberto Ferrari. Sarà in scena da ottobre al Teatro Nuovo di Milano e poi a Roma. Infine, nel film I nostri passi diversi, opera prima di Alberto Bennati, vesto i panni di una giornalista. Questo film, girato a Manfredonia e ispirato a fatti realmente accaduti, è davvero delicato e ben scritto.”
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