«Eureka!», avrà sicuramente esclamato Dino Distefano, con tutto l’aplomb che lo contraddistingue. La sua sensazionale scoperta, che rappresenta una vera rivoluzione in campo scientifico, lo ha portato per mano a diventare professore ordinario alla Queen Mary University, e a calcare i gradini del palco della Royal Society di Londra, per ritirare il Roger Needham award, una sorta di premio Nobel dell’informatica.
Per telefono, da Londra, ci spiega in parole semplici l’invenzione sua e del suo team: «Un software che va a controllare i possibili comportamenti di altri software per capire in anticipo, e quindi rilevare, eventuali problemi di crash, blocco. La novità- continua- sta proprio in questo: lo usi preventivamente e ti dà delle sicurezze». Giovevole, ad esempio, per un computer di bordo di un aereo, dove si deve necessariamente poter prevenire eventuali tilt. Ma non solo.
E Infer, si chiama così il progetto già brevettato, riesce proprio a scandagliare i difetti prima che il programma in questione venga introdotto in commercio, grazie ad una specie di check-up. Grosse aziende come la Mitsubishi, la Arm e la Microsoft ne sono rimaste sedotte.
«Ci provavano da 40 anni», ci confida.
C’erano state delle ricerche che si erano avvicinate a quest’innovazione, ‘ma era impossibile evitare il crash: troppo complicato’. «Per riuscire ad ideare una cosa simile, devi costruire un modello matematico e risolvere delle equazioni. Ecco, noi siamo riusciti in quest’impresa».
Parla al plurale Dino, sottolineando che molta parte del lavoro è di squadra (Cristiano Calcagno, Peter O’Hearn e il coreano Hongseak Yang sono gli altri componenti del gruppo).
Il giovane genio informatico, cresciuto in un paese della provincia di Catania, ha 39 anni. A 19, subito dopo aver conseguito il diploma, abbandona la propria terra per studiare informatica a Pisa. La tesi ad Amsterdam, un anno di servizio civile a Firenze, e poi il dottorato in Olanda, nel ’99. Per quattro anni, fa il ricercatore all’università. Ma nel 2004, osa ancora: va a Londra. Vuole lavorare a fianco di Peter O’Hearn, il suo mentore, che si stava cimentando in studi per lui davvero interessanti: ‘una nuova logica matematica utile per verificare un software’.
Così, da quella data, profonde le sue energie in questo settore. Diversi i ritrovati interessanti e, dopo un paio d’anni, un vero e proprio progetto universitario. Il 2009 è invece l’anno di nascita della Monoidics Limited, start-up avviata nella parte orientale di Londra (a Shoreditch, centro delle nuove tendenze artistiche e tecnologiche londinesi), proprio per commercializzare tutto ciò che veniva concepito all’interno dell’aula universitaria.
Di fronte a così tanta tenacia, qualsiasi riferimento all’attuale crisi che attanaglia, imbriglia e demotiva il mondo giovanile odierno… sembra davvero superfluo. Gli chiediamo comunque un consiglio da dare a tutti i ragazzi che vorrebbero approcciarsi al mondo del lavoro, con un sogno ben preciso nel cassetto.
«Non bisogna mollare- raccomanda con la sua voce serafica- Se davvero vuoi fare una cosa, la fai. E se hai difficoltà a metterla in pratica dove vivi, allora vai fuori. Sono molto determinato». Certo, non è semplice. E qui il tono si fa sommesso. «Torno spesso a Biancavilla, più di quanto non facciano i miei colleghi con le rispettive terre natie. Mi mancano gli amici, la famiglia, ma soprattutto il sole: qui piove sempre. Se ci fosse la possibilità -conclude con un pò di rammarico- rientrerei, ma in realtà so che non è possibile e non ci penso neanche».
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