“Da alcuni mesi – rivela il fratello Claudio, vice presidente della commissione parlamentare Antimafia – soffriva di un tumore. Fino agli ultimi giorni abbiamo sperato di potere vincere. Lei era una grande combattente”. E invece si è spenta ieri pomeriggio alle 18, l’elegante e raffinata Elena Fava, a 65 anni, lasciando tre figlie e il marito. Figlia di Pippo Fava, il giornalista ucciso dalla mafia per mano del clan Santapaola-Ercolano il 5 gennaio del 1984, per la cui memoria aveva combattuto ogni giorno, soprattutto tramite il lavoro svolto con i giovani nelle scuole, e tenendola
presidenza della Fondazione Fava fin dal 2002. Elena non aveva detto di quel male ai polmoni, diagnosticato 8 mesi fa. “E perché fino all’ultimo voleva combattere, voleva continuare a fare”, dice Resì Ciancio, vicepresidente della fondazione Fava. I funerali saranno celebrati domani alle 10 nella chiesa di Ognina a Catania. La salma sarà poi tumulata, accanto a quella del padre, nella cappella di famiglia a Palazzolo Acredide, paese del Siracusano del quale era originario il padre. Per l’onestà e la passione che trasmetteva nelle sue sue battaglie civili Elena Fava lascia un encomiabile modello di vita e di lotta alla malavita e un vuoto incolmabile a Catania. Il 5 gennaio, davanti alla lapide in onore di Pippo Fava nella via di Cibali che porta il suo nome, a Catania non ci saranno celebrazioni. Solo la tradizionale corona di fiori che, ogni anno, Elena era solita portare.
Chi era Giuseppe Fava
Giuseppe Fava detto Pippo (Palazzolo Acreide, 15 settembre 1925 – Catania, 5 gennaio 1984) stato il secondo intellettuale a essere ucciso da cosa nostra dopo Giuseppe Impastato (9 maggio 1978). Scrittore, giornalista, drammaturgo, saggista e sceneggiatore italiano, fu un personaggio carismatico, apprezzato dai propri collaboratori per la professionalità e il modo di vivere semplice. È stato direttore responsabile del Giornale del Sud e fondatore de I Siciliani, secondo giornale antimafia in Sicilia. A causa di questa denuncia continua della presenza della mafia, anche tramite le piccole storie di ordinaria delinquenza, alle ore 21.30 del 5 gennaio 1984 mentre si trovava in via dello Stadio e stava andando a prendere la nipote che recitava in Pensaci, Giacomino! al teatro Verga, fu ucciso da cinque proiettili calibro 7,65 alla nuca. Per il suo delitto delitto sono stati condannati alcuni membri del clan mafioso dei Santapaola. Di lui sua figlia Elena diceva “Di mio padre porto dentro la grande umanità”.
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