L’Università di Catania adotta i corsi di “genere” e sulla conoscenza del percorso storico, culturale, sociale, politico e scientifico della popolazione femminile: si va dalle questioni di genere nella comunicazione, nel diritto, nel lavoro, nella partecipazione e nella rappresentanza politica, affrontate specificamente dai docenti del dipartimento di Scienze politiche e sociali, ai laboratori (Genderlab) del Genderlab sulle intersezioni tra “genere” e lingua inglese, diritto internazionale, linguaggio giuridico, antropologia, cultura inglese e spagnola, cinema, letteratura antica, moderna e contemporanea, storia moderna e contemporanea, religioni.
Scienze della Formazione affronterà invece le tematiche legate alla medicina di genere, alle professionalità educative, alla costruzione dell’identità adulta al femminile, alle questioni di genere nella giurisprudenza comunitaria e costituzionale.
L’iniziativa – in vigore già da quest’anno accademico 2013-2014 – si deve ai dipartimenti di Scienze della Formazione, Scienze politiche e sociali e Scienze umanistiche, in collaborazione con il Comitato pari opportunità, il Comitato paritetico sul fenomeno del mobbing e con i delegati del Rettore, Bianca Maria Lombardo e Antonio Pioletti, ma è aperta agli studenti e alle studentesse di ogni dipartimento dell’Ateneo, indipendentemente dal corso e dalla classe di laurea.
Il calendario dettagliato dei corsi è già disponibile sul portale internet dell’Università, all’indirizzo www.unict.it (il primo prenderà il via il 7 novembre prossimo). Essi prevedono la frequenza di un modulo (18 ore di lezione frontale e/o lavoro di gruppo e individuale, per 3 CFU – Crediti formativi universitari) con una valutazione finale da svolgere secondo le modalità indicate da ciascun dipartimento.
“L’interesse di questa proposta – spiega Bianca Maria Lombardo, delegata alla Didattica -, oltre che legata all’argomento in sé, risiede nella volontà e capacità di offrire ai nostri studenti una programmazione didattica aperta agli allievi di tutti i corsi di studio, che vede la collaborazione di più dipartimenti. Si tratta di una sperimentazione di procedure trasversali, che potrebbero divenire modello di buone pratiche per l’Ateneo, e che permette di rendere finalmente visibile, riconosciuta e coordinata una proposta didattica finora realizzata in maniera scollegata e autonoma da singole docenti, spesso a fronte di scetticismo e indifferenza”.
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