Gli studenti della Cavour a lezione di legalità


L’educazione alla legalità, il formare ed informare i giovani al rispetto della stessa è oggi fondamentale. Non bisogna infatti dimenticare, che seppur non ci sono più i fatti eclatanti, come le stragi del ’92, l’illegalità è presente, in forma grave e ancor più nascosta.

Questo l’obiettivo di A.SI.A. (Associazione Siciliana Antiracket) che, insieme a Rete per la Legalità,  ha organizzato il convegno dedicato agli studenti della scuola media Cavour di Catania,  “Nel nome della Legalità”, all’interno del plesso de Le Ciminiere. I lavori sono stati coordinati dal giornalista Daniele Lo Porto, segretario provinciale dell’Associazione siciliana della Stampa, che ha letto i messaggi di saluto del ministro dell’interno Anna Maria Cancellieri, del prefetto Francesca Cannizzo  (rappresentata dalla dottoressa Pina Cocuzza) e del commissario per la lotta all’usura e all’estorsione, Elisabetta Belgiorno.

 

Il padrone di casa, (le Ciminiere sono gestite dalla Provincia di Catania ndr) il neo commissario straordinario della Provincia, Michelangelo Lo Monaco, ha dichiarato: “Chi riveste un ruolo nella collettività deve essere onesto, competente ed avere a cuore il bene pubblico, perseguendo un codice etico. Ai giovani dico: agite nel rispetto della legge, non offendete la dignità altrui, alimentate la democrazia e la partecipazione, siate generosi con chi ha bisogno, apritevi al confronto e al dialogo con tutti, coltivate la conoscenza per allontanare la paura dell’altro e così sarete costruttori di una società migliore”.

Proprio il rispetto della legge, dovere e obbligo per tutti, e ancor più se uomo politico e d’istituzione, è stato sottolineato dall’ex presidente della Provincia, Giuseppe Castiglione, che ha voluto ricordare ai presenti come durante il proprio mandato, il protocollo di legalità, sottoscritto in Prefettura riferito alle procedure per le gare di appalto, sia stato sempre rispettato.

I giovani studenti, accompagnati dal loro preside, Santo Ligresti, non sono stati solo ascoltatori passivi, alcuni di essi, hanno eseguito l’Inno di Mameli, accompagnati da Laura Torrisi (piano), Antonio Capizzi (violino), Alberto Riggi (chitarra), diretti dalla docente Rita Cardillo.

Fondamentale la dichiarazione del procuratore della Repubblica di Catania, Giovanni Salvi, “La battaglia conto l’illegalità non si vince soltanto sul piano della giustizia penale, ma dando senso alla presenza dello Stato. Il rispetto delle leggi dipende da ciascuno di noi. Spesso però aggiriamo le norme ed indulgiamo in comportamenti che, ripetuti quotidianamente, impediscono di dare speranza al nostro Paese”.

Ciò che si è voluto far comprendere ai ragazzi, adulti di domani, è che la legalità bisogna denunciarla, ma anche svilupparla in prima persona  “I cittadini sono  scoraggiati e non partecipano alla vita pubblica – ha affermato la professoressa Agnese Moro, giunta appositamente da Roma per partecipare al convegno – Tuttavia dipende proprio da ognuno di noi aver cura del nostro Paese, rispettare la legge e stigmatizzare certi comportamenti individuali: non chiedere la ricevuta; parcheggiare in doppia fila; non versare i contributi ed evadere le tasse; vendere alcolici ai minorenni”.

Essere buoni cittadini, vuol dire anche denunciare chi non lo è, questo il messaggio dato dal sen. Diana “Solo una vittima del racket su 200 denuncia l’estorsione e una su 300 di essere vittima dell’usura. Purtroppo spesso manca una efficace attività di repressione dello Stato perchè se le organizzazioni fossero contrastate efficacemente fin al loro nascere sarebbero meno pericolose. Questo vale, ad esempio, per il Clan dei casalesi, che è riuscito a diventare una delle cosche più attive e feroci perché per oltre 20 anni ha agito quasi incontrastata”.

Tale opinione è stata condivisa totalmente dal Procuratore Giovanni Salvi, che, dopo aver dimostrato con dati statistici, l’enorme mole di lavoro svolto dagli uffici giudiziari, ha sottolineato le difficoltà del comparto “Riguardo l’usura – ha dichiarato- vorremmo che le associazione antiracket collaborassero dandoci suggerimenti per stabilire le priorità degli interventi. In cima alle nostre preoccupazioni sta anche la “giustizia quotidiana”: i continui furti di rame, che avvengono anche in zone centrali della città, oltre a provocare danni alla collettività, denotano mancanza di controllo del territorio”.

Sia Marisa Acagnino, presidente della sesta sezione del Tribunale di Catania, che il dott. Salvo Campo hanno spiegato ai giovani spettatori come spesso dietro attività autorizzate dallo Stato, come le mini case da gioco, le agenzie finanziarie ed i negozi di compro-oro, ci possa essere un arricchimento illecito, e che dietro tutto ciò, esista un collegamento tra mafia, poteri occulti e mondo politico.

Tra i presenti in sale, inoltre il comandante dei carabinieri Carabinieri, Giuseppe La Gala, Angelo Bellomo della DIA, il segretario generale della Provincia, Francesca Ganci, Linda Rysso, presidente delll’ASAEC di Catania, una veterana  della lotta al racket, Grazia Lizzio figlia dell’ispettore Giovanni, componente della squadra antiracket, ucciso dalla mafia. 

In ultimo, le toccanti le testimonianze di Franca Pepi, il cui padre è stati ucciso per essersi opposto al racket delle estorsioni, aderente all’associazione antiracket e antiusura di Caltanissetta “Rosario Livatino”, tutt’ora vittima di intimidazioni, e di Danilo Castorina, figlio di Giovanni, l’imprenditore che già nel 1993 fu ospite del Maurizio Costanzo Show per denunciare la gravità del fenomeno estortivo a Catania. 

 

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