Abdel è eritreo. E’ in Italia da circa 5 cinque anni. È arrivato con uno dei tanti barconi della speranza, carico di “merce umana”. Ha trascorso notti insonni cullato dalle onde di un mare che può essere nemico, verso una meta ricca di incertezze. Il presente di Abdel è forse come non se l’aspettava. Oggi è un mediatore culturale. Presente alla Marcia delle donne e degli uomini scalzi, così come tutti quelli che gli stanno attorno, con un piccolo megafono in mano tuona contro chi in Africa copre ruoli di potere ma non fa nulla per aiutare la propria gente, inveisce contro chi gli ha inferto sofferenze e umiliazioni, punta il dito contro chi lo ha giudicato senza conoscere. È solo una delle tante testimonianze ascoltate lungo la la manifestazione nazionale promossa a Venezia ma che si è tenuta nei giorni scorsi anche in Sicilia, a Catania, organizzata da un coordinamento di movimenti, associazioni e cittadini per dire no al razzismo e per chiedere corridoi umanitari sicuri.
Sulla sabbia della spiaggia libera numero 1 della Playa, e poi lungo la marcia che si è conclusa al Lido Verde, hanno sfilato bianchi e neri, italiani e non, attori, artisti, gente comune, politici e sindacalisti. Tutti scalzi, tutti sorridenti. Perché la Marcia delle donne e degli uomini scalzi è stata una festa fatta di musica e colori, di racconti e danza. E il luogo scelto non è stato scelto a caso: proprio in quell’angolo di mare furono ritrovati i corpi dei migranti a seguito dei tanti sbarchi avvenuti nelle nostre coste.
Marcia delle donne e degli uomini scalzi, l’appello nazionale
Si legge nell’appello nazionale della Marcia delle donne e degli uomini scalzi: “È arrivato il momento di decidere da che parte stare. È vero che non ci sono soluzioni semplici e che ogni cosa in questo mondo è sempre più complessa. Ma per affrontare i cambiamenti epocali della storia è necessario avere una posizione, sapere quali sono le priorità per poter prendere delle scelte. Noi stiamo dalla parte degli uomini scalzi. Di chi ha bisogno di mettere il proprio corpo in pericolo per poter sperare di vivere o di sopravvivere. È difficile poterlo capire se non hai mai dovuto viverlo. È arrivato il momento di decidere da che parte stare. È vero che non ci sono soluzioni semplici e che ogni cosa in questo mondo è sempre più complessa. Ma per affrontare i cambiamenti epocali della storia è necessario avere una posizione, sapere quali sono le priorità per poter prendere delle scelte.Ma la migrazione assoluta richiede esattamente questo: spogliarsi completamente della propria identità per poter sperare di trovarne un’altra. Abbandonare tutto, mettere il proprio corpo e quello dei tuoi figli dentro a una barca, a un tir, a un tunnel e sperare che arrivi integro al di là, in un ignoto che ti respinge, ma di cui tu hai bisogno. Sono questi gli uomini scalzi del 21°secolo e noi stiamo con loro. Le loro ragioni possono essere coperte da decine di infamie, paure,
minacce, ma è incivile e disumano non ascoltarle.
La Marcia degli Uomini Scalzi parte da queste ragioni e inizia un lungo cammino di civiltà”.
Abdel oggi sorride. Racconta dalla sua viva voce cosa significa lasciare il proprio Paese, attraversare il mare, arrivare in Italia e costruirsi pian piano una nuova fetta di vita. E marcia, anche lui, assieme a tanti italiani. E lo fa a piedi scalzi.
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