Progetto carcere, imprenditori incontrano i detenuti di Bicocca


progetto carcere
Yolanda Medina Diaz e Giovanni Rizza

Professionisti e imprenditori incontreranno detenuti in regime di alta sicurezza per mettere in relazione le rispettive esperienze. È questo il cuore del Progetto carcere, una convenzione stipulata tra il Rotary Club “Catania Etna Centenario” e l’istituto penitenziario di Bicocca. L’obiettivo finale è quello di non considerare il carcere come un luogo lontano dalla città e avviare percorsi di riavvicinamento e continuo dialogo.

“Crediamo che questa, grazie al contributo della società, sia una via per la riabilitazione dei detenuti”, afferma Yolanda Medina Diaz, presidente del “Catania Etna Centenario”. A lei fa eco Giovanni Rizza, direttore dal 1997 del penitenziario etneo. “Spesso si avverte una condizione di distacco, di distanza dal resto della città. Bicocca viene considerata l’estrema periferia di Catania – continua – Pensare al carcere è considerato quasi inutile. In realtà così non è”.

La casa circondariale di Bicocca ospita in media 240 tra imputati e condannati per reati gravi. Il Progetto carcere ha preso il via a novembre e prevede due incontri al mese con medici, avvocati, docenti, imprenditori. “Questi professionisti parlano della propria esperienza e si confrontano con i detenuti – descrive Giovanni Rizza – Nascono dei dialoghi interessanti, non necessariamente legati a temi come quello della giustizia e c’è un forte interesse da parte dei partecipanti”. Secondo il dirigente, “l’iniziativa del Rotary, con persone che si mettono in gioco in prima persona, ha un impatto molto forte”.

Alla base della convenzione c’è la volontà di ampliare quella rete che dovrebbe circondare e sostenere il mondo carcerario. Un reticolo formato sì da forze dell’ordine e servizi sociali, ma anche da elementi che possano diventare un’opportunità di crescita e reintegro per le persone che poi terminano il percorso detentivo. “La riabilitazione e la rieducazione sono delle cose complesse”, riflette Rizza. “L’esperienza ci ha fatto capire che la formazione lavorativa concreta su certuni ha creato delle opportunità una volta fuori”. Si tratta di casi numericamente ridotti, riconosce il dirigente, “ma esistono. Si possono creare delle opzioni, si possono ottenere dei risultati”.

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