Ha suscitato scalpore, rabbia e indignazione la recente sentenza della Corte di Cassazione in tema di stupri di gruppo, in cui si afferma che non è più obbligatorio per i giudici disporre l’arresto per i componenti del “branco”. Anche in Sicilia si è levato un coro di sdegno da parte delle donne contro questa decisione.
Secondo la scrittrice Maria Attanasio, “si tratta di una sentenza intollerabile. Mi sembra un segnale di ritorno al passato, un’inversione di rotta incredibile in termini giuridici rispetto alla sensibilità culturale che invece dovrebbe essere sempre più diffusa. A questo punto non mi meraviglierei se fosse reintrodotto per legge il delitto d’onore o magari declassare lo stupro a un semplice reato contro la morale. Ci sono atti di violenza, come quella sessuale, che sono odiosi e possono avere conseguenze gravissime. Ricordiamoci quanto è accaduto a Niscemi tre anni fa con una ragazzina uccisa per nascondere una violenza di gruppo”.
Della stessa opinione Sara Aguiari, presidente dell’associazione “25 Novembre Giornata mondiale contro la violenza alle Donne”: “ritenere impopolare la sentenza della Cassazione è poca cosa, poiché è da ritenersi provocatoria ed istigante per altri gruppi a commettere tale reato. Non vogliamo arrenderci alla stupidità cieca di alcuni burocrati che tra l’altro non rispecchiano assolutamente il pensiero della maggioranza dei cittadini (maschi e femmine) del nostro Paese. Le battaglie a volte si perdono, ma è la guerra (in questo caso contro la violenza) che deve essere vinta”.
Un invito a non abbassare la guardia viene da Vera Ambra, presidente dell’associazione “Akkuaria”: “A tutte le donne, di qualunque ceto sociale ed età, che abbiano o meno incontrato la violenza sulla propria strada, rivolgo l’invito a restare unite, compatte e solidali. Vi incito perciò, oggi più che mai, a denunciare chiunque vi ha fatto, vi sta facendo o vi farà del male. Chi fa del male ad una donna, genera un danno ingiusto all’intera umanità. E chi prende le difese di chi danneggia una donna commette, secondo me, lo stesso crimine”.
A rassicurare gli animi ci pensa Loredana Piazza, presidente dell’associazione “Thamaia” e avvocato (quindi ben consapevole dei meccanismi giudiziari), secondo cui non bisogna farsi guidare dall’emotività, ma leggere con attenzione la sentenza: “Ritengo che la sentenza della Corte di Cassazione non esclude in alcun modo la possibilità per i giudici di applicare la misura cautelare in carcere ove questa sia necessaria nel caso concreto e ne sussistono i presupposti di legge, così come per tutti i reati. Del resto, alle donne vittime di violenza sessuale o di qualsiasi altra violenza maschile interessa un immediato ed efficace intervento e l’applicazione di una misura cautelare adeguata al caso concreto. Altra questione è, invece, la considerazione sociale della gravità di taluni delitti e il valore simbolico decisivo per la valutazione delle norme su cui si fonda la convivenza civile. Non è un caso, ad esempio, che proprio l’irrigidimento della normativa riguardanti i delitti di mafia sia stata il risultato di un cambiamento culturale e politico che ha delegittimato la criminalità organizzata. La violenza sulle donne resta, invece, a volte, un reato minore avvolto nella nebbia dei distinguo, dei “sì, però…”, soprattutto avuto riguardo alle prassi giudiziarie dei singoli Tribunali”.
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