A dieci giorni di distanza, l’omicidio della studentessa Stefania Noce e del nonno Paolo Miano continua a suscitare reazioni. Stavolta a prendere posizione sul tragico fatto di sangue accaduto a Licodia Eubea è l’associazione Thamaia, impegnata dal 2001 a Catania e provincia contro la violenza sulle donne.
In una nota, l’associazione si esprime così: “dopo anni di lavoro con le donne che subiscono violenza, la notizia di questo assassinio avrebbe dovuto causarci dolore ma non stupore e incredulità, poiché sappiamo bene ormai che la violenza è socialmente trasversale, colpisce anche donne colte ed emancipate per mano di uomini che sono anche i “rispettabili vicini della porta accanto” e non solo i devianti e gli emarginati dei ghetti urbani. E, tuttavia, l’immagine luminosa e sorridente di Stefania che in una manifestazione di donne del movimento Se non ora quando alza il cartello con su scritto Non sono in vendita, sembra stridere in modo intollerabile con il barbaro gesto di chi uccide per il rifiuto di continuare una relazione non voluta”.
“La cultura, il benessere, la dilagante retorica della parità – denuncia Thamaia – non sono bastate a salvare Stefania. Il suo assassinio assume un’evidenza simbolica che ci colpisce particolarmente poiché mette a nudo la ferita ancora aperta di una civiltà come la nostra che si è fondata sul riconoscimento dei diritti universali di inviolabilità dei corpi e delle menti e sull’uguaglianza degli individui a prescindere dal sesso, dalla razza o dalla religione, ma cova al suo interno culture e pratiche di discriminazione e di prevaricazione nelle relazioni di genere”.
“Per combattere la violenza – aggiunge l’associazione – occorre partire dalla formazione dei genitori, degli insegnanti, degli operatori sociali e della giustizia perché si facciano veicolo di valori di rispetto reciproco, di accoglienza, di apertura ai bisogni dell’altro. Occorre, altresì, che si diffonda la consapevolezza del rischio di violenza che corrono le donne e si mettano in atto adeguate pratiche per fronteggiarla”.
In questa direzione è indispensabile tessere una rete di cooperazione con i servizi, le forze dell’ordine, le scuole e i giudici. “Una rete che – precisa – va sostenuta consapevolmente e attivamente dai responsabili delle istituzioni pubbliche nella quotidianità del lavoro di ciascuno e non negli stucchevoli e vuoti rituali delle celebrazioni del 25 novembre o dell’8 marzo. La terribile sorte di Stefania e Paolo ci mostrano chiaramente che è tempo di abbandonare la retorica e di scendere nel profondo delle coscienze per fondare una società migliore”.
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