Via la Dad, arriva la Did. Gli scenari tra ironia e grottesco


DAD
La pandemia ci ha costretti ad adattarci. Abbiamo dovuto ridiscutere ciò che prima sembrava consueto, utilizzare strumenti di cui ignoravamo l’esistenza. Il lavoro si è spostato su Zoom, le riunioni di famiglia su Whatsapp, e, per i più giovani, la scuola è stata frequentata in DAD.

La didattica a distanza è stato un argomento fisso sui talk-show italiani, tra opinioni favorevoli e giudizi contrastanti, ma oggi, in questo periodo in cui le paure e le angosce dovute al Covid 19 sembrano ricordi lontani, la DAD non esiste più. Per i ragazzi in quarantena c’è la DDI.

Per chi non lo sapesse, la DDI (Didattica Digitale Integrata) è una modalità che integra momenti di insegnamento a distanza (svolta su piattaforme digitali) ad attività svolte in presenza, per permettere ai ragazzi in isolamento di partecipare alle lezioni. Insomma, un modo cool per dire “didattica mista”. Ma, data la scarsa preparazione informatica di alcuni insegnanti, sia l’inadatta strumentazione che gran parte dei licei italiani offrono, la DDI propone agli occhi degli studenti diversi scenari che, spesso e volentieri, sfociano nel grottesco.

DAD e DDI: gli scenari

Ecco qui tre scenari realmente accaduti che ho raccolto grazie alle testimonianze di alcuni studenti in isolamento:
SCENARIO A: Il professore entra in aula, accende il PC della classe (quello collegato alla LIM), e da lì si connette su Google Meet per “videochiamare” il ragazzo in quarantena. Successivamente inclina lo schermo del portatile verso l’alto per evitare che la sua nuca venga inquadrata. Risultato? Il ragazzo guarda il soffitto della classe per un’ora, mentre i suoi compagni di classe in presenza vedono la sua faccia riempire la LIM, come se fosse il Grande Fratello di 1984.
SCENARIO B: Il professore porta il proprio PC in aula, da lì si connette con lo studente isolato, inquadra la propria faccia, ma, preso dalla foga dell’argomento spiegato a lezione, decide di alzarsi per camminare tra i banchi o avvicinarsi alla finestra. Risultato? Il ragazzo non sente nulla per un’ora intera, e, essendo lasciato in muto dal professore, non può neanche segnalarlo.
SCENARIO C: Il professore utilizza sempre il proprio computer, ma sceglie di girarlo e puntarlo verso la classe. Perché questa scelta? Forse per uno strano sentimento di privacy da parte del docente, forse per far respirare al quarantenato l’atmosfera dell’aula. Fatto sta che essendoci un ragazzo seduto proprio di fronte la scrivania, il ragazzo isolato vede solo lui, dando luogo a uno scambio intenso e imbarazzantissimo di sguardi per sessanta lunghissimi minuti.

DAD e DDI. Gestire la didattica mista

Ora non vogliamo che questo articolo suoni come una denuncia verso la classe insegnanti, e non vogliamo che sminuisca la DDI. All’inizio dell’emergenza in pochi sapevano iniziare una riunione su Meet, accendere la web-cam o il microfono, ma dopo due anni di tentativi questi strumenti sono diventati abituali e consueti. Perché non imparare a gestire anche la didattica mista? Questa modalità (se coniugata a un investimento in apparecchi elettronici come microfoni e PC nuovi) può risultare utile anche dopo lo stato di emergenza, arricchendo la scuola italiana di uno strumento prezioso. Basta solo non dimenticare ciò che abbiamo acquisito in questi due anni, e riempire finalmente di significato quella frase che ci ripetiamo da un po’: “ricordiamoci quelle cose che la pandemia ci ha lasciato di buono”.

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