Alla vigilia di Catania-Palermo si era presentato in sala stampa con un bel panettone, quasi a voler esorcizzare quella frase che pende come una spada di Damocle sugli allenatori che non riescono a far bene a inizio stagione. Denis Mangia, insomma, aveva giocato d’anticipo con ironia. Poi, dopo la partita, con ancora calde le due reti di Lodi e Lopez, il tecnico rosanero aveva risposto con sicurezza a chi gli chiedeva se si sentiva traballare la panchina sotto il sedere.
“Mi sento un pezzo di carne con gli avvoltoi che svolazzano intorno, ma gli avvoltoi sono lontani, io sono sereno perché ho lavorato bene e la squadra dà quello che può e c’è chi sa che la situazione è questa”, con un chiaro riferimento al presidente mangia-allenatori Mauro Zamparini.
La sicurezza del mister palermitano, promosso dalla Primavera alla prima squadra dopo il primo esonero della stagione, prima ancora dell’inizio del campionato, si è dissolta dopo una notte fredda e triste.
Zamparini, insomma, si è confermato quello che è: un serial killer di allenatori, il primo elemento destabilizzante per la sua squadra. Ciao ciao a Mangia e ben tornato a Bortolo Mutti, vecchia conoscenza anche dei catanesi.
Ma non si può negare l’onore delle armi al giovanissimo tecnico appena esonerato: al Massimino non poteva fare assolutamente di più e se la sua squadra non riesce a segnare ed a fare punti in trasferta un motivo ci sarà, probabilmente di organico, prima ancora che di schemi e mentalità.
Adesso tocca a Mutti, terzo allenatore dall’inizio della stagione. Un record negativo del Palermo e del padre-padrone Zamparini. Ma Mangia non s’illuda: presto potrebbe tornare di nuovo il suo turno.
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