Aurelio Carraffa, da architetto a cuoco


Aurelio Carraffa
Aurelio Carraffa

“Non chiamatemi chef, ce ne sono troppi in giro che prediligono questa definizione. Io sono un cuoco e non c’è niente di più bello di essere chiamato così”.  Aurelio Carraffa, siciliano trapiantato a Roma, è un amante della cucina, quel tipo di cucina autentica e genuina che diventa motivo di condivisione tra le persone. Spinto da questa grande passione e aiutato da una buona dose di determinazione, alcuni anni fa ha dato vita a Mediterraneum, un laboratorio di cucina aperto a tutti coloro che desiderano scoprire il mondo dei sapori, dei colori e della sperimentazione. Di recente, ha anche pubblicato un libro dal titolo “I luoghi non ti abbandonano”, che – oltre a contenere 101 ricette – custodisce ricordi ed emozioni legate alla sua infanzia in Sicilia. Ma l’interesse di Aurelio Carraffa verso l’arte culinaria non è sempre stato manifesto. Infatti, fino a 7 anni fa svolgeva la professione di interior designer. In un’intervista a Sicilia&Donna, Aurelio Carraffa si racconta, dimostrando come sia possibile reinventarsi, senza aver paura di dar forma ai propri desideri più profondi.

Intervista ad Aurelio Carraffa

Da architetto d’interni a cuoco a tempo pieno. Cosa l’ha spinta  a mettersi in gioco e trasformare questa passione in una vera professione?

Aurelio Carraffa con delle allieve
Aurelio Carraffa con delle allieve

“Per mia natura, ho sempre avuto bisogno di nuove ispirazioni e affrontare nuovi progetti. Col passare del tempo mi sono accorto che la mia professione di architetto non era più stimolante come agli inizi. Mentre lavoravo, non vedevo l’ora di tornare a casa per mettermi ai fornelli. Potrà sembrare strano ma dopo una giornata di lavoro, cucinare per me era fonte di piacere e di relax. Ed è così che il 16 giugno del 2009 ho appeso la matita al chiodo per prendere in mano…il coltello. Da subito ho iniziato a frequentare alcuni corsi amatoriali di cucina per poi proseguire con dei corsi professionali. Il mio studio di architettura si è trasformato in un vero e proprio laboratorio di cucina, in cui dal 2010 ho dato il via alle lezioni.”

Ci parli del suo laboratorio di cucina Mediterraneum, che ha sede a Roma. Che atmosfera si respira e che tipo di cucina propone?

“Al Mediterraneum si impara a cucinare per amore e lo si fa divertendosi, in un clima di familiarità e convivialità. Mi

Aurelio Carraffa al mercato
Aurelio Carraffa al mercato

piace mettermi a confronto con gli allievi, senza limitarmi a spiegare il procedimento delle varie ricette. È fondamentale, innanzitutto, trasmettere la filosofia della cucina, a partire dalla selezione dell’ingrediente e dal concetto di qualità. Non ci concentriamo prevalentemente su piatti elaborati o difficili. La gente, spesso, vuole imparare dalle basi. Al laboratorio, si spazia dalla cucina della tradizione sicula, a quella etnica, mediorientale, innovativa e sperimentale. Alla fine di ogni lezione mangiamo insieme ciò che abbiamo preparato, abbinando un vino per ogni piatto. Questo diventa un momento vivo di scambio e di svago che contribuisce alla creazione di legami umani.”

A chi si rivolgono i suoi corsi di cucina?

“Sono previsti corsi per tutti: lezioni per bambini, per ragazzi dai 14 anni in su e per adulti. I corsi si tengono in tardo pomeriggio per permettere a chi lavora di parteciparvi. L’età media degli iscritti è di 40 anni, ma ho persino allievi 70enni. Molti dei partecipanti sono liberi professionisti: medici, avvocati, architetti che, dopo una giornata di lavoro e stress, vengono a divertirsi e rilassarsi alla mia scuola.”

Parliamo del suo nuovo libro intitolato “I luoghi non ti abbandonano”. Cosa racchiude e a quali luoghi si riferisce?

Dalla lezione Crudi di pesce e marinate
Dalla lezione Crudi di pesce e marinate

“Inizialmente avevo in mente un libro sul cibo di strada, di cui sono un grande appassionato. Per questo motivo mi sono recato a raccogliere del materiale a Palermo, in cui ho avvertito, inaspettatamente, un forte legame con i suoi odori, suoni e sapori. L’altra tappa in programma era Catania, in particolare il mercato del pesce e le vie caratteristiche come via Plebiscito. Ma rientrato a Roma, ho potuto constatare che in quel periodo erano stati pubblicati diversi libri incentrati sul cibo di strada. Così, ho riposto appunti e foto in un cassetto, abbandonando il progetto. L’anno scorso, però, mi è capitato tra le mani un libro  di mia mamma che conteneva delle ricette scritte a mano, tramandate da mia nonna. Io sono nato a Messina, da genitori palermitani ma ho vissuto a Catania per i primi 12 anni. Sono siciliano fino al midollo, ma dal punto di vista culinario sono prevalentemente palermitano. Mia madre, ottima cuoca, mi ha trasmesso le sue tradizioni. Da qui nasce l’idea di un libro di 101 ricette di famiglia, principalmente ricette palermitane, catanesi e messinesi. La bozza si arricchiva pian piano poiché, mentre scrivevo il procedimento delle varie ricette, nella mia mente riaffioravano ricordi intensi, che credevo di aver rimosso. A quel punto mi sono detto: perché non scrivere un libro con ricette associate a ricordi?”

Può farci entrare nel vivo di questi ricordi?

“La maggior parte dei 33 racconti presenti nel libro si riferisce a ricordi legati alla mia infanzia a Santa Tecla,

LIBRO DI AURELIO CARRAFFA
LIBRO DI AURELIO CARRAFFA

frazione del comune di Acireale. Da quando avevo 2 anni fino ai miei 12 anni trascorrevo le mie vacanze estive in questo posto meraviglioso. Ho tantissimi ricordi vividi legati a quel luogo, in cui entravo a contatto con ingredienti, situazioni, persone che porto tutt’ora dentro di me. Nel libro ho raccontato di quel contadino che veniva a bussare alla mia porta per vendere albicocche grandi come pesche. Un altro bel si riferisce ai giardini dei limoni in cui io e i miei amici, armati di rastrello,  andavamo alla ricerca del limone più bello per poi sederci a mangiarlo insieme. Sono spaccati della mia infanzia, ma credo che ognuno di noi si possa ritrovare in alcuni di questi ricordi che accomunano una generazione.”

Quindi il libro ha anche una morale: Anche se noi abbandoniamo i luoghi, quei luoghi non ci abbandonano…

“Esattamente. Dopo il mio trasferimento a Roma, mi ero convinto di essere diventato romano. Tornando in Sicilia, però, sono stato stregato da quei posti caratteristici e a tratti arcaici, in particolare da Palermo. Così, ho capito che certi luoghi restano inevitabilmente nel profondo, anche quando non ce ne accorgiamo. Grazie al mio ritorno a Palermo, oggi sono consapevole di non essere romano come credevo: la mia identità è quella di un emigrante siciliano a Roma.”

Pensa che in Sicilia, ancora oggi, la cucina sia principalmente tradizione, condivisione e trasmissione di ricette di famiglia?

“La Sicilia ha subito una grande trasformazione, ma in maniera inferiore rispetto ad alcune regioni del nord in cui la gente si fa influenzare maggiormente dall’industria alimentare che ci suggerisce di comprare alimenti già pronti, convincendoci che cucinare sia scomodo e rappresenti una perdita di tempo. Fino ad alcuni decenni fa, erano le mamme a trasmettere le ricette di famiglia alle figlie, oggi purtroppo questa catena si sta spezzando, dato che la maggior parte delle donne di oggi è impegnata nel lavoro e in altre attività. Mi viene in mente l’odore inebriante del soffritto con cui mi svegliavo la mattina quando ero bambino e mi domando: quanti sono i bambini che al giorno d’oggi si svegliano col profumo delle pietanze che sta cucinando la mamma? Inoltre, anche il momento del consumo del pasto è cambiato. Una volta si mangiava con più consapevolezza e si assaporava meglio ogni piatto. Adesso si fa tutto di fretta e si mangia senza distinguere un piatto genuino e di qualità da uno già pronto, preconfezionato. E questo è un vero peccato! Al laboratorio di cucina cerco proprio di far capire ai miei allievi l’importanza della trasmissione dell’arte culinaria che è parte essenziale della nostra cultura.”

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