La nonna della nonna paterna era francese. Un’ottima cuoca che insegnò alla nipote, nata e cresciuta a Napoli, a coniugare la cucina d’oltralpe con quella partenopea. Da questo connubio, tramandato di generazione in generazione, nasce la passione per la cucina di Flavia Pantaleo, autrice del libro La Cucina dei pasticci e dei timballi (Bonanno Editore, 2016), collaboratrice tra Roma e Catania di associazioni e hub culinari di primo piano come Homefood, CuochePerCaso, MediterraneumLab, VillinoVolterra, osannata da testate come il New York Times che nel 2015 le dedicò uno speciale.
La giornalista americana Francine Segan, esperta in storia della gastronomia, si rivolge a lei quando scrive di cibo italiano. “È una delle prime persone che consulto per avere informazioni – scrive nella prefazione del libro – Flavia mi ha aiutato fornendomi ricette siciliane per il mio libroPasta Modern: New & Inspired Recipes from Italy e suggerendomi ricette ebraiche per una conferenza che dovevo tenere sulla Cucina Ebraica in Italia presso il prestigioso museo Smithsonian a Washington”. E aggiunge: “Adoro i pasticci e i timballi italiani. Sono cibi molto apprezzati da me e da tanti americani, ed evocano una gastronomia genuina e autentica”.
A questi piatti, considerati “l’emblema del Sud Italia e della famosa cucina dei Monzù”, Flavia Pantaleo dedica il volume recentemente presentato in Sicilia nel quale riporta ricette spiegate in maniera semplice. Il libro è ricco di spunti e di consigli pratici. La scelta stessa di una copertina non patinata, che riporta l’elaborazione grafica di Eleonora Majorana, sottolinea la necessità di un ritorno alle cose semplici, tradizionali, per nulla artefatte.
La storia dei pasticci e dei timballi
La postfazione è invece curata da Antonio Mistretta, marito dell’autrice e docente universitario, che di lei scrive: “Nel suo “essere cuoca” Flavia Pantaleo ha trasfuso anche i “saperi sui sapori” – mi si perdoni il gioco di parole – che le derivano dall’essere una lettrice di storia e di storie”.
Il volume ripercorre, infatti, anche la storia dei timballi e dei pasticci Secondo quanto scrive Pantaleo, il nome timpano o timballo “deriva sicuramente dallo stampo che in origine era semplicemente un contenitore cilindrico con il diametro uguale all’altezza, ma anche da timpano cappello, a rafforzarne la forma e il contenuto. I pasticci e timballi erano già presenti nella tradizione gastronomica rinascimentale: il passaggio dal Medioevo al Rinascimento ha sublimato la tavola quale spettacolo per la vista e per il palato. Il pasticcio ha origini ancora più antiche. Le prime tracce di questo tipo di preparazione risalgono infatti all’antica Roma”.
La ricetta
Abbiamo chiesto a Flavia Pantaleo di scegliere una ricetta tra le tante pubblicate in questo libro per i lettori di Sicilia&Donna. Cliccate su Timballo bianco in crosta.
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