Vini d’alta quota, il progetto che si ispira a Pasteur


vini d'alta quota

Passione, determinazione e voglia di sperimentare sono alcuni dei fattori chiave indispensabili per continuare a investire nelle potenzialità della propria terra e così è per la giovane Giusy Calcagno e la sua azienda vitivinicola Calcagno, che con Franco e Gianni, gli altri componenti della famiglia, ha dato vita al progetto Vini d’Alta Quota 2813. L’innovativo progetto sperimentale di portata internazionale e senza fini di lucro, realizzato con il supporto dell’Ingv, l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, è stato presentato durante la conferenza stampa che si è tenuta venerdì 11 novembre presso la sede di Catania dell’Istituto, alla presenza di giornalisti enogastronomici, enologi, sommelier e tecnici, impazienti di vedere i risultati di questo esperimento.

Iniziato a luglio dell’anno scorso, all’interno dell’Osservatorio di Pizzi Deneri di Linguaglossa (Ct) gestito dall’Ingv, all’altitudine di 2813 metri, è stato allestito un corner dedicato all’affinamento di un lotto di bottiglie dei vini dell’azienda, posizionati in casse di legno, per un periodo di 12 mesi. Il progetto, il primo nel suo genere in Sicilia, si basa sulle teorie di Pasteur, chimico, biologo e microbiologo francese, il quale sosteneva che, “l’aria in alta quota è priva di germi ed è migliore per la conservazione di un prodotto fermentato come il vino”. “L’idea del progetto, facendo leva sui principi di Pasteur, nasce proprio dalla curiosità di voler sperimentare l’affinamento dei vini ad alta quota – spiega l’enologo dell’azienda Alessandro Biancolin – in quanto a una certa altitudine ci sono condizioni, come bassa concentrazione di ossigeno e bassa temperatura, che incidono favorevolmente sul vino, poiché queste condizioni ne rallentano il processo di maturazione migliorandone la conservazione”. I vini aperti e degustati durante la conferenza, infatti,  hanno rivelato un maggiore senso di freschezza e una grande esaltazione delle note minerali, il tutto in un quadro di completa armonia ed equilibrio . L’esaltazione della brillantezza e la grande compostezza  che si è riscontrata  sia da un punto di vista olfattivo che gustativo, rendono questi vini fini ed eleganti.

Attraverso questo esperimento, l’azienda vitivinicola ha quindi dimostrato come si possa guardare al futuro senza dimenticare la tradizione e le proprie radici. “La vigna per me è il tramite tra la tradizione e l’innovazione, – dice la titolare Giusy Calcagno, definendosi la parte emotiva dell’azienda – è la mia storia ed è il filo conduttore tra le generazioni che l’hanno vissuta. Quando guardo la vigna vedo la mia famiglia e vedo che attraverso questa posso continuare a tramandare i valori ricevuti e il modo in cui sono cresciuta. E quando pensavo che i miei vini fossero sotto il vulcano era come se una parte della mia famiglia fosse lassù.

Sono convinta che questa terra vada riscoperta e non abbandonata – conclude la giovane proprietaria-. Me ne convinco ogni giorno di più, guardando l’Etna, i suoi paesaggi e quello che riesce a donarci”.

“Il nostro intento era quello di legare i nostri vini al nostro territorio il più possibile, – ha aggiunto il responsabile  digital marketing della cantina, Pietro Galvagno – in questa parte di Sicilia che molti riconoscono giustamente come un terroir unico anche per la produzione vitivinicola. I vini che si sono affinati a quota 2813 metri saranno messi all’asta ed il ricavato sarà interamente devoluto all’Ingv, per la ricerca o per l’acquisto di nuovi macchinari per le rilevazioni sismografiche”. Maggiori informazioni sull’asta saranno disponibili a breve  sul sito dell’azienda.

 

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