Uffa, ancora l’8 marzo! Era un incubo per me, una corvée che si rinnovava, anno dopo anno, quando il direttore di turno mi affibbiava l’ingrato compito di redigere il servizio sulla cosiddetta “festa delle donne”. Non mi piaceva questa data e non mi piace nemmeno oggi.
Quasi una concessione maschilista che assegna al “sesso debole“, una giornata, una sola, di libertà dal giogo del maschio. Dopo, tutte a casa, accanto al focolare, a far la calza aspettando che torni Lui.
Non mi piaceva e non mi piace l’assalto alle povere mimose, “depilate”, scorticate, divelte, offese, annientate, sacrificate sull’altare dell’8 marzo.
E ancor meno mi piacciono i branchi di donne che fingono di divertirsi davanti agli spogliarelli maschili. Che tristezza! Nessuno ricorda che l’8 marzo è una ricorrenza tragica. Nessuno torna a quel giorno del 1908, quando a New York 129 operaie morirono arse nell’incendio dell’industria tessile Cotton. Penso alle tante donne che anche oggi soffrono, violentate, torturate e uccise. Sempre più spesso. Penso alle 379 trovate morte a Ciudad Juarez, in Messico, senza colpevoli nè processi. Dietro quei delitti “non ci sono serial killer, nè piani occulti, nè festini di narcotrafficanti”, così ha concluso La Commissione per i diritti umani del Messico dopo due anni di indagini. “La colpa dei sequestri, degli stupri e delle uccisioni, secondo il procuratore Mario Álvarez, è da addossare al maschilismo e alla violenza insita nella società messicana”.
Lì è stato coniato il termine “femminicidio“. L’8 marzo vorrei che se ne parlasse, che si parlasse del femminicidio, un termine che forse non vi piace; un neologismo creato per significare ogni forma di discriminazione e di violenza contro la donna in quanto donna. E di donne uccise dai loro partner ce ne sono troppe anche in Italia se Rashida Manjoo, la relatrice speciale delle Nazioni Unite sulla violenza contro le donne, ha potuto affermare: «È il femminicidio la prima causa di morte in Italia per le donne tra i 16 e i 44 anni». Quindi l’8 marzo 2012 penserò a Stefania Noce, sgozzata dal fidanzato che diceva di amarla, con la lama di un coltellaccio da cucina. Altro che festa!
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