Il coniuge superstite che intende usufruire del beneficio “prima casa” in relazione al diritto di abitazione previsto dall’articolo 540 del Codice civile, è necessario che ne chieda espressamente l’applicazione nella dichiarazione di successione.
Il principio è stato affermato dalla Corte di cassazione con l’ordinanza n. 9890 del 9 aprile 2019.
“La norma del Codice civile sopra indicata dispone che “al coniuge, anche quando concorra con altri chiamati, sono riservati i diritti di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare e di uso sui mobili che la corredano, se di proprietà del defunto o comuni – spiega l’avvocato Lucia Tuccitto, titolare dello Studio Legale Tuccitto – Alla base di tale istituto vi è soprattutto la volontà del legislatore di tutelare l’interesse morale del coniuge superstite, consentendogli di continuare a vivere nell’abitazione presso la quale si è svolta la vita familiare”.
È valido anche per le coppie di fatto?
“No. il principio per le coppie di fatto è diverso anche se finalmente in parte regolamentato. Il convivente di fatto superstite ha diritto di continuare ad abitare nella casa di proprietà del defunto, per 2 anni o per un periodo pari alla convivenza se superiore, e comunque non oltre 5 anni, secondo quanto disposto dall’articolo 1 comma 42 della legge n. 76 del 2016.
In questo modo viene tutelato il diritto all’abitazione dalle pretese restitutorie dei successori del defunto. In merito al diritto di abitazione del convivente di fatto superstite, occorre precisare che questo è riconosciuto salvo quanto previsto dall’articolo 337-sexies del codice civile, ovvero, il godimento della casa familiare è attribuito tenendo prioritariamente conto dell’interesse dei figli”.
Cosa si intende per prima casa?
“Abitualmente usiamo le espressioni prima casa e abitazione principale come sinonimi. In realtà si tratta di due concetti differenti, la cui distinzione è importante perché implica un diverso regime fiscale. Per prima casa si intende l’immobile di tipo residenziale di cui si viene in possesso per la prima volta (per acquisto, donazione o successione).Il concetto di abitazione principale è stato introdotto con l’Imposta Municipale Unica (IMU) ed è legato al luogo presso cui si fissa la propria dimora abituale e quella della famiglia, nonché la residenza anagrafica”.
Significa che era intestata al coniuge defunto?
“Il convivente può dimostrare il suo status di convivente anche mediante un’autocertificazione, come ha chiarito con la recente Risposta del 12.10.2018 n. 37, l’Agenzia delle Entrate che ha inoltre sottolineato che per il riconoscimento del diritto di abitazione, il convivente superstite, non residente anagraficamente nell’immobile di proprietà del compagno defunto, può dimostrare il suo status di convivente anche mediante un’autocertificazione, tuttavia il diritto, però, non può essere inserito nella dichiarazione di successione”.
Quali requisiti ci vogliono?
“A partire dalla legge cd. Cirinnà, n. 76/2016, risulta necessario distinguere tra l’istituto della convivenza di fatto, introdotto dal citato testo normativo, e quello antecedente alla legge, della convivenza “more uxorio”. Quindi occorre precisare come la relativa disciplina risulti applicabile esclusivamente a quei rapporti di convivenza che rispettino i requisiti di forma prescritti per il contratto di convivenza di cui ai commi 50 e 51 dell’art. 1 l. 76/2016. Di conseguenza, l’art. 1 co. 42 l. 76/2016, non si applica a quelle ipotesi di convivenza c.d. more uxorio che non rispettino i requisiti di forma della Cirinnà, o addirittura antecedenti alla entrata in vigore della stessa”.
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