8 marzo. Si rispolvera il solito rituale. Il barista che ti dice “Auguri”, il collega che si sente in dovere di portari il mazzetto di mimose magari aggiungendo “oggi vi trattiamo bene, è la vostra festa”. E poi, la sera, ristoranti pieni di donne che vanno a festeggiare la loro ora d’aria annuale come le colf finalmente libere il sabato sera. Donne un giorno su 365, magari concedendosi anche lo spogliarello maschile, emulando il peggio dell’altra metà del cielo.
Una festa che stride con quella che è la ricorrenza, la Giornata internazionale della Donna. Quali che siano le sue origini non è ancora chiaro. Quel che è certo è che dal 1909 la Giornata è stata istituzionalizzata per ricordare le rivendicazioni di libertà delle donne, le discriminazioni e i diritti ottenuti e quelli ancora da conquistare. Una matrice insomma ben diversa da mimose e locali notturni. Anche perché un secolo dopo, non c’è molto da festeggiare per le donne.
Lo dimostra la cronaca di tutti i giorni e le statistiche. Sempre più oggetto di violenze, sottopagate, licenziate grazie all’abominevole pratica delle dimissioni in bianco, con un tasso di disoccupazione più alto in Europa, con la fatica che diventa martirio quando si diventa mamme.
Se proprio avete ancora voglia di festeggiare, per favore, fatelo almeno qualche giorno dopo l’8 marzo.
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