A discutere della riforma del mercato del lavoro ci sono oggi tre donne. Di autorevolezza riconosciuta, nella differenza delle posizioni. Arrivate in posizioni di vertice per il loro impegno nei rispettivi ruoli. I media le chiamano “la” Fornero, “la” Camusso, “la” Marcegaglia … eppure Monti non è “il” Monti, Bonanni non è “il” Bonanni. Perfino un articolo può testimoniare che le donne al vertice vengono presentate come eccezioni.
I nostri mass media sono sessisti? Parlano i dati: le percentuali di donne autorevoli in tv risultano addirittura inferiori al tasso di rappresentanza politica femminile, che pure colloca l’Italia ai più bassi livelli in Europa. Le indagini comparate che analizzano l’immagine della donna nei diversi Paesi ci pongono agli ultimi posti per la cultura di parità.
Nel complesso, per ogni donna che compare sulla scena ci sono 5 uomini. Gli “esperti” nell’83% dei casi sono uomini, il che rafforza la loro immagine di autorevolezza. Alle donne si chiede invece un resoconto di esperienze personali, a definire su microscala il loro posto nel mondo. Sono poco visibili nelle professioni, anche quando nella realtà le esercitano in gran numero (sanità, giustizia). Sono visibili come celebrità: spettacolo, divismo. Nella fascia preserale veline e letterine e meteorine 56%, cantanti 25%, modelle 20%. Tutte ornamentali, tutte guardate con sguardo maschile. Il 53% delle volte che compaiono sullo schermo non parlano. Mute, e svestite.
I media giocano un ruolo fondamentale nel mostrare il corpo femminile come un oggetto sessuale da guardare e da valutare, esistente per l’uso e il piacere altrui. C’è in italiano un neologismo significativo: velinismo. Dice qualcosa che questo termine non abbia traduzione in altre lingue?
C’è indubbiamente una complicità femminile, in tutto questo. Davvero essere imprenditrici del proprio corpo, saperlo vendere bene, magari posizionando farfalline in zone “strategiche”, è scelta di autonomia e di libertà, come molte rivendicano?
Non è mai stata giornata di facile festa, l’8 marzo. Ancor meno facile è essere donne in tempi di democrazia sofferente, di precarietà del vivere, di stravolgimenti del senso.
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