Un’antica ma, ahimè! persistente interpretazione ha trasmesso all’immaginario collettivo la figura di Penelope “moglie casta e fedele” che, tra speranze e timori, attende il ritorno del marito Ulisse. Questo profilo, quindi, ha fatto di Penelope l’icona assoluta dell’“angelo del focolare domestico”. Nulla di più.
Ma è questa la vera Penelope dell’Odissea?
O si tratta di una arbitraria banalizzazione?
Per saperne di più, ricostruiamo sinteticamente il racconto: il giovane Ulisse parte lasciando nella propria casa-reggia la moglie-regina Penelope e il figlioletto Telemaco nato da poco. Ritorna dopo 20 lunghi anni: 10 trascorsi nell’assedio di Troia e 10 per tornare ad Itaca errando per terre e mari sconosciuti. Finalmente, travestito da mendicante, torna a casa e stermina i numerosi nobili di Itaca e di altre città greche che, convinti della sua morte, spadroneggiano nella sua reggia per costringere Penelope a scegliere come nuovo marito uno di loro che, sposandola, diventerebbe il nuovo re.
Dunque, Penelope è la regina, e sotto il suo ventennale governo il regno prospera. È lo stesso mendicante-Ulisse a riferirle che la fama di lei corre di bocca in bocca perché amministra con saggezza e giustizia il suo popolo a cui assicura inoltre abbondanza di beni materiali.
Del resto, stando al racconto omerico, Penelope non è donna ingenua, né spettatrice passiva di ciò che avviene attorno a lei: ha scaltri occhi per vedere e acuta intelligenza per capire e intuire. Inoltre si è costruita una segreta rete di informatori che le riferiscono ciò che avviene lontano da lei. Si prende sistematicamente gioco dei suoi pretendenti facendo sperare ognuno di loro con false promesse e messaggi segreti. Li mette l’uno contro l’altro alimentando in ciascuno speranze di matrimonio. Per più di 3 anni porta avanti l’inganno della tela tessuta di giorno e sciolta di notte, assicurando che stava tessendo, com’era costume del tempo, il sudario funebre per l’anziano suocero Laerte. A lei serve guadagnare tempo in attesa di notizie certe sul destino di Ulisse. E quando il trucco della tela viene scoperto e non può più rimandare la scelta di un marito, non si dà per vinta: propone una gara con l’arco sperando che nessuno riesca nell’impresa in cui era esperto il marito: armare il robusto arco di Ulisse e dare prova di eccezionale mira infilando con una freccia gli anelli di dodici asce piantate in fila su un’asse di legno. Penelope spera di umiliare in questo modo i pretendenti, che si rivelerebbero indegni di sostituire Ulisse.
Ma non è tutto. Lei è lottatrice solitaria e prudente come il marito, e non si fida nemmeno dell’uomo che ha sterminato i pretendenti in casa sua. Perciò inventa una trappola per essere certa della sua identità: per fare riposare l’ospite chiede che sia portato fuori dalla camera nuziale il letto che il marito aveva costruito per il loro matrimonio. Ma Ulisse conferma immediatamente la propria identità affermando che quel letto non può essere spostato, perché lui lo aveva realizzato modellando il tronco di un grande ulivo attorno al quale aveva poi costruito la loro casa. Solo ora può abbracciare Penelope.
Concludendo, Penelope è il simbolo di quella costanza, di quella forza interiore e di quella abilità strategica e tattica che le donne nei secoli hanno saputo sempre dimostrare, soprattutto nelle circostanze più difficili e drammatiche. Altro che angelo del focolare!
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