Sguardo da irresistibile canaglia, voce calda e baritonale pronta a sciogliere ogni dubbio sulla sua fama di impenitente conquistatore. È l’attore Emanuele Puglia. Proviamo a conoscerlo un po’ meglio. Lo incontriamo in un piccolo bar del centro di Catania, chiacchieriamo tra un cappuccino e un caffè, baciati dal tiepido sole di un pomeriggio primaverile.
L’attore catanese ha interpretato vari spettacoli, tra i tanti: La Baronessa di Carini, La Lupa, L’altalena, e La Bottega del Caffè.
Per lo spettacolo Ti Parlerò d’amore- la canzone italiana tra 1870 e il 1950 ha cantato e ballato ricordando i personaggi storici della nostra tradizione musicale. Ci racconta com’è andata?
“Quando il direttore artistico della rassegna, Salvo Sposito, mi ha affidato il compito di realizzare Ti parlerò d’amor, anche come autore e regista, la cosa che mi ha particolarmente entusiasmato è stata l’idea di cimentarmi con alcuni mostri sacri come Petrolini, Buscaglione, Taranto, De Sica … . Mi sono rimboccato le maniche, ho studiato tanto, anche in orari improbi, osservato e ascoltato più e più volte gli originali, rielaborando il tutto cercando di non tradire lo spirito originario di quei grandi interpreti ma aggiungendo ad ogni brano un tocco personale e, alla fine, devo ammettere che il pubblico ha risposto con un gradimento che è andato oltre le mie più rosee aspettative. È stato dannatamente stimolante e gratificante muoversi attraverso generi, stili, timbriche, tonalità e ritmi così diversi tra loro. Un bel momento”.
Lei ha avuto, da sempre, un rapporto molto speciale con la musica …
“È vero. Vivo la musica in ogni momento e in tutti i frangenti. (ride)
Mia madre era molto “canterina” e credo mi abbia trasmesso la gioia di questa forma espressiva quando ancora mi portava in grembo. Una volta i miei insegnanti di recitazione chiesero a noi allievi cosa avremmo voluto fare “da grandi” io risposi: il musical. Nel mio curriculum ne figurano molti. Mi piace ricordare Si chiamava Gesù, fiore all’occhiello della mia carriera, in cui creai un testo cucito intorno alle canzoni dell’album di De André La buona novella; un lavoro molto intenso fatto insieme a Carmela Buffa Calleo”.
Come ha capito che recitare sarebbe stato il suo mestiere? C’è qualche ricordo degno di nota da poter condividere con i lettori di Sicilia e Donna?
“La mia è stata una vocazione graduale. Ricordo che al termine di una recita “parrocchiale”, tanti anni fa, una mia amica mi spinse a fare il provino all’Istituto Nazionale del Dramma Antico. Quando terminai il biennio di studi non ero convinto di voler continuare quel cammino professionale e provai a confinare quell’esperienza solo tra i bei ricordi, gettandomi in un campo più “pragmatico”. Mentre seguivo un corso di formazione, come programmatore di computer, unico allievo di estrazione “classica” e non tecnico-scientifica, l’insegnante mi chiese: “ma lei che cosa ci fa qui?” Ed io risposi: “il programmaTtore!”. Venni chiamato da alcune realtà locali a realizzare degli spettacoli che mi fecero assaporare l’adrenalina del palcoscenico e fu così, pian piano, che il “demone della recitazione” si insinuò lentamente in me”.
Ricorda la prima esperienza teatrale?
“Certo. Tra i primi progetti teatrali non posso non raccontare il piacere che provai recitando in un Dramma Sacro a Vittoria. Era il 1989. C’erano oltre 10.000 persone. Il pubblico partecipò con grande attenzione. Fui così entusiasta che compresi subito che avrei voluto provare ancora tante sensazioni di questo genere. Completai il corso di programmatore, per una questione di principio, e non toccai più un computer per un decennio”.
È vero che voleva fare il giornalista?
“Sì. Prima ancora di entrare alla scuola di recitazione, seguii per due anni un corso para-universitario di giornalismo che abbandonai, dopo aver “dato” diverse materie, per “divergenze d’opinione” col comitato di redazione del giornale d’istituto”.
In che senso?
“Io credevo nell’equità, mentre loro nel trattamento di favore ai “figli di …”. La mia vecchia passione per il giornalismo l’ho ripresa negli ultimi anni curando una caustica rubrica di satira sociale per un settimanale locale. La formula era monologante, tanti mi dicevano che quei testi sarebbero stati riproponibili come piccoli atti unici in teatro. Mi sono molto divertito e, a quel che so, anche i lettori”.
Nel 2000 ha avuto la possibilità di conoscere e lavorare con Raimondo Vianello e Sandra Mondaini in un episodio della serie Casa Vianello. Ci può parlare di quest’esperienza?
“Meravigliosa esperienza. Raimondo, un signore d’altri tempi, modesto, disponibile e molto premuroso con la moglie. Sandra simpatica, buffa e apparentemente un po’ svampita, perché in realtà quando si cominciava a far sul serio diventava straordinariamente professionale. Ogni scena la provavamo più di quanto non sia abituale farlo per i tempi di registrazione televisiva. Ricordo che Sandra fece un paio di errori che seppe risolvere tanto simpaticamente da mantenerli nel montaggio. Raimondo in una scena con me, invece, improvvisò inventando una particolare voce da interferenza telefonica in cui dovetti trattenermi a forza dal non ridere. Li ricordo con grande affetto e commozione”.
Chi è Emanuele Puglia nel privato? Lo sa che molti la definiscono un incorregibile sciupafemmine?
(Ride)
“Lo so, la mia “fama” mi precede! Anni e anni di “duro lavoro” per conquistarmela!
Scherzi a parte, oggi ci sorrido ma sono stato un adolescente e un ragazzo con mille dubbi circa le mie potenzialità nei rapporti con l’altro sesso. Amiche trentennali si divertono a ricordarmi quanto io fossi convinto di non poter piacere. Diciamo che, forse, sono come un buon vino; gusto e aromi andavano affinati ed ora, a quanto dicono, “invecchio” bene. (ride) Il teatro è stata la mia “botte di rovere”, mi ha dato scioltezza e sicurezza. Mi son detto: “se riesco ad affrontare un pubblico pagante ed esigente, perché non dovrei riuscire ad intrattenere un’amabile conversazione con una fanciulla? Se poi non dovessi piacerle, amen”. È vero che un aspetto gradevole, migliorato in corso d’opera, aiuta ma se non fosse sostenuto da un briciolo di personalità penso che si potrebbe anche essere inutilmente Brad Pitt”.
Il nostro è un giornale che parla di donne. Cos’è la donna per Emanuele Puglia? Cosa dovrebbe fare una donna per attirare la sua attenzione?
“La donna è un universo misterioso, variegato ed affascinante che adoro esplorare con rispetto e ammirata meraviglia. Per attirare la mia attenzione una donna non deve fare nulla di particolare. Mi attrae molto l’eleganza nei modi, nei gesti, nel parlare. È vero che un bel volto o un bel fisico colpiscono al primo sguardo però, per quel che mi riguarda, se nell’ambito di una chiacchierata la signorina in questione non dovesse avere argomenti da esporre o li dovesse esprimere in un italiano approssimativo, la mia attenzione precipiterebbe sotto i tacchi. Nutro una passione per “la parola”. Posso essere sedotto da un congiuntivo appropriato, da un termine desueto gettato lì con semplicità, da un’ardita consecutio temporum e da una dizione pulita e, soprattutto, dal non uso di quelle odiose abbreviazioni nei messaggi o nell’email. Se parliamo di doti fisiche è chiaro che uno sguardo vivace ed intenso batte un bellissimo paio d’occhi inespressivi oppure un sorriso coinvolgente vince di gran lunga sui labbroni a canotto. L’armonia delle forme non teme la rivalità di quei fisicacci da top-model inguainati in abiti mozzafiato. Ho anche una mia particolare teoria quasi metafisica. Negli anni, ho acquisito o scoperto, non saprei, una sorta di “facoltà trascendentale”, che mi permette di capire “certe cose” al primo sguardo. È come se riconoscessi un’aura speciale che gli altri non vedono e un flusso di energia che tocca qualche mio neurone all’uopo preposto. Non mi crede nessuna quando cerco di spiegare questo mio ragionamento ma, per me, è davvero così”.
Qual è il personaggio che le piacerebbe interpretare?
“Tanti. Ad esempio Cyrano, al momento realizzato, con successo, dal collega Angelo Tosto, per cui, aspetterò qualche anno. M’intriga molto il personaggio di Iago dell’ Otello di Shakespeare o Rinaldo del Rinaldo in campo di Garinei & Giovannini, oppure Astaroth tratto da un “buon diavolo” di una piece di Stefano Benni. Ed anche Ciampa, dal Berretto a sonagli di Pirandello. Potrei continuare ma spero di farli presto tutti e bene”.
Gli attori, è noto, sono tutti un po’ scaramantici. Prima di entrare in scena cosa fa? C’è qualche gesto che ripete sempre o si affida “solo” alla scossa adrenalinica che può dare quel fatidico momento in cui si alza il sipario?
“Non sono un vero scaramantico ma, a dire il vero, ho un mio piccolo rituale che … per scaramanzia, non dico! (ride)
Diciamo che “chiamo a raccolta” alcune entità che, un tempo, furono persone a me care, perché mi sostengano”.
È stato protagonista insieme ai suoi colleghi della protesta contro i tagli alla cultura e allo spettacolo.
“La scelta di partecipare a quelle manifestazioni ha scatenato parecchie critiche. Io manifestavo per un principio più che “a favore di” Tizio o Caio. I contributi sono spesso mal distribuiti e/o sprecati e sovente non su una vera base meritocratica. Il vero problema sarebbe la riformulazione del sistema teatrale; ci dovrebbero essere meno cavilli burocratici e oneri fiscali per le compagnie private, spesso sostenute solo dagli incassi, e una distinzione più netta tra professionismo e amatorialità. Ci vorrebbero incentivi all’auto-produzione, una maggiore politica di sensibilizzazione ed un’educazione e formazione del pubblico attraverso i media, le scuole e le istituzioni preposte, oltre ad un pizzico di onestà intellettuale in più da parte di noi teatranti”.
Prossimi impegni lavorativi?
“Ritorna la ditta “Coltraro-Puglia” che, dopo il successo de “L’alba del terzo millennio” ancora in replica in giro perla Sicilia, debutterà il 4 aprile all’interno della rassegna XXI in Scena, al Teatro del Canovaccio, con un classico della drammaturgia di Pinter, “Il Calapranzi”. Sto preparando con Egle Doria un progetto che ci vedrà coprotagonisti in alcune manifestazioni del Comune intorno al periodo pasquale. Ed ancora sarò protagonista di un curioso reality sulle rotte di William Shakespeare, nel quale interpreterò il sommo drammaturgo. Sarò in giro ancora “Si chiamava Gesù”, “Il conto delle lune” e molto altro ancora e spero che, prima o poi, arrivi anche una defaticante crociera”.
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