Ersilia Saverino tra le protagoniste di Una sola storia, uno spettacolo siciliano e tutto al femminile, tratto dall’omonimo romanzo della scrittrice agrigentina Elita Romano, dal 16 al 19 aprile tre attrici isolane, Giuliana Accolla, Valentina Ferrante ed Ersilia Saverino, mosse dalla sapiente regia della siracusana Tatiana Alescio.
Intessuto sui rapporti e gli umori di una famiglia borghese della Sicilia degli anni ’50, Una sola storia racconta un Sud di facciata e di apparenza, un Sud che non parla apertamente, ma giudica sbirciando da dietro le persiane e chiacchiera nei cortili. E’ un coacervo di passioni, frustrazioni, paure e rimorsi ad andare in scena. Sono sogni realizzati o irrealizzabili, sono scelte compiute, sono sofferenze patite. Sono rapporti veri tenuti rigorosamente celati, a fronte di relazioni di facciata, apparenze sterili da esibire come trofei. Sono storie siciliane confuse e ricche di gente, ma rigorosamente marchiate dalla forza dell’assenza! Ne parliamo con Ersilia Saverino.
L’intervista ad Ersilia Saverino
Ersilia, Una sola storia racconta un Sud di facciata ed apparenza, dove tutti giudicano tutti, ferendo gli altri e se stessi con un denominatore comune che è quello dell’assenza e della solitudine. Come si pone questa storia nel panorama sociale odierno, è così distante o può, in qualche modo, essere attualizzato?
«Può certamente essere attualizzato. Purtroppo la realtà che viviamo tutti i giorni, qui in Sicilia, ma non solo, ci insegna che dietro un’apparenza di progresso e di modernità, si cela spesso una situazione di arretratezza. E l’arretratezza porta solitudine, porta il giudizio negativo di chi osserva la diversità, porta crudeltà e ferite.»
Lei quali panni vestirà in scena?
«Vesto i panni di Rosa, una tabaccaia che ha sacrificato la sua gioventù, la reputazione, la famiglia, i genitori, i fratelli, la sua femminilità, il suo poter essere madre, tutto quanto, per l’amore di un solo uomo… Uomo che potrà avere solo a metà, perché lei è solo l’amante. Rosa, orgogliosa e dignitosa è la passione, è il sentimento, l’amore. È una donna arrivata in ritardo nella vita di un uomo. Una donna che riscatta totalmente l’idea comune di amante, mostrandosi comprensiva e forte al pari o più di una moglie.»
Dallo stesso romanzo è stato tratto un cortometraggio, in cui fra l’altro Sergio Molino darà vita al ruolo del marito, assente nella trasposizione teatrale, da chi e come è nata l’idea del video?
«Il video nasce dall’invito a partecipare ad una trasmissione chiamata book che racconta tutte le possibili rivisitazioni tratte dai romanzi. Oltre a quella teatrale abbiamo ritenuto interessante realizzarne una cinematografica, soprattutto per attualizzare il messaggio teatrale. Per arrivare a tutti. Il video è stato molto apprezzato arrivando finalista al festival dei cortometraggi di Cortina D’Ampezzo.»
Uno spettacolo che certamente parla di donne, ma il teatro, in generale, quanto è attento alle tematiche femminili?
«Il teatro è da sempre molto attento all’universo femminile. Sono donne alcuni dei personaggi più amati dalla prosa di tutti i tempi, e la storia del teatro è costellata da attrici che hanno colpito l’immaginario di intere generazioni. Basti pensare, e mi limito a parlare di Catania, a un’attrice come Ida Carrara.»
Oltre che nei panni di attrice, lei è stata vicina al teatro catanese rivestendo in passato il ruolo di Vicepresidente del teatro Stabile, quali obiettivi si deve porre, quali strategie deve mettere in atto un teatro per non morire, per crescere?
«Un teatro deve produrre qualità, deve aprirsi all’esterno, cercando di attirare i giovani e deve fare “impresa”. Non è più tempo di teatri che aspettano le sovvenzioni pubbliche per poi mettere in scena sempre le solite pièce, con tre spettatori in sala. Bisogna essere contemporanei, sapere attrarre investimenti e cercare sponsor per dare vita a spettacoli che sappiano parlare la lingua delle nuove generazioni.»
Qual è il panorama culturale con cui il teatro, oggi, si trova a dover fare i conti? Perché i teatri chiudono? Secondo lei manca l’educazione alla cultura teatrale?
«Non manca cultura teatrale. Mancano progetti ad ampio respiro. Il teatro ora come ora è ripiegato su sé stesso, chiuso in una torre d’avorio. I teatri chiudono perché chi li gestisce non è in grado di far tornare alle persone la voglia di uscire di casa, di staccarsi dalla televisione e sedersi in sala e questo lo dimostra il fatto che, per esempio, il Biondo di Palermo, con la gestione Alajmo ha registrato un vero e proprio boom di abbonamenti. Lui ha saputo portare quell’aria nuova che i palermitani aspettavano e i risultati sono arrivati, ma è solo un esempio. Ci sono tanti modi di portare gli spettatori in teatro. Il Franco Parenti di Milano, per esempio, organizza Lezioni Magistrali, fa laboratori per ragazzi e concerti nel foyer, stanno persino restaurando una piscina dove fare spettacoli estivi. Riesce a far uscire le persone da casa ed attirarle in sala.»
Possiamo dire che Ersilia Saverino è sensibile alle tematiche che riguardano l’universo femminile, in qualità di consigliere comunale della giunta catanese, come si approccia al tema? Quali progetti portate avanti?
«Come consigliere ho cercato di portare avanti parecchie battaglie in aiuto alle donne; da quella per gli asili nido, alla proposta dell’istituzione del CUG, alla modifica del regolamento di toponomastica per riconoscere la giusta visibilità alle donne anche intitolando loro delle vie cittadine, a quella delle “Tessitrici contro la violenza”, iniziativa volta alla tutela della salute e del benessere delle donne vittime di violenza. Il progetto è già stato presentato lo scorso 16 marzo al comune di Milano, con cui ho voluto sviluppare un gemellaggio, prossimamente sarà la volta di Catania.»
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