Presto comincerà il campionato provinciale della FIPAV, Federazione Italiana Pallavolo. Bene, dovete sapere che tra le squadre della pallavolo femminile catanese ce n’è una, l’A.S.D. Cyclopis, che l’anno scorso si è aggiudicata il secondo posto nella Seconda Divisione e quest’anno si appresta a giocare il campionato della categoria superiore, sperando nella serie D.
Fin qui tutto normale, direte voi, dove sta la novità. La novità sta proprio nelle ragazze che giocano in questa squadra. Non sono liceali o universitarie con il sogno della serie A, e non la sognano semplicemente perché loro sono “fuori tempo massimo”. L’A.S.D. Cyclopis, infatti, è un’insieme di realtà diverse e meravigliose che con la pallavolo hanno poco a che fare e che paradossalmente fanno di loro una delle squadre migliori dello scorso campionato. Sono donne, ma donne con la D maiuscola, la loro età media è di trent’anni, anche se ci sono giocatrici che la superano e arrivano fino ai quaranta. Sono donne che cercano di arrancare in una società in cui il lavoro non c’è, e se sei donna e superi i trent’anni è ancora più difficile. Donne che hanno abbandonato i loro sogni da sportive anni fa per costruirsi una famiglia, una posizione lavorativa, una vita di studio e poche certezze. Donne che contro l’età, il lavoro e gli orari impossibili, dall’anno scorso si allenano, tre giorni alla settimana, per vincere. Vincere contro chi dice che sono troppo grandi, che non possono raggiungere i livelli di quando erano ragazze, contro chi le vede come “fuori tempo massimo”.
In realtà, ognuna di loro lotta contro qualcosa di ancora più grande. Un esempio?
Cristina (36, palleggiatrice) mamma di due ragazzi, ha lottato e vinto la sua battaglia contro un cancro al seno, e, ancora sotto cura, gioca in squadra insieme alla figlia più grande. Giorgia (34, schiacciatrice), Veronica (42, schiacciatrice) e Barbara (34, libero) lottano ogni giorno tra orari, compiti e pappe; perché loro sono mamme, e non di un solo figlio, mogli, donne in carriera e ragazze che gli anni se li sono fatti scivolare addosso troppo velocemente e ora hanno voglia di ricominciare la loro vita da single. Ci sono donne che hanno abbandonato la pallavolo con la speranza di un futuro migliore e che solo a trent’anni suonati si sono accorte che è più facile volare in alto se ti alleni tutti i giorni, così è stato per Manuela (31, opposta). Chi lotta per la propria situazione precaria e si alza alle cinque per un lavoro sottopagato Giosy (24, centrale), ma la sera c’è ancora la forza per attaccare quel pallone. Donne che ce la fanno tutti i giorni, perché tutti i giorni portano avanti un progetto comune: vincere.
La squadra, allenata da Alessandro Trombetta e Roberta Alosi (28, centrale e capitano), è l’esempio che lo sport a livello agonistico non è solo per i giovanissimi, non è solo per gli uomini, non è solo per chi non ha impegni. L’A.S.D. Cyclopis vince perché racchiude in sé esperienza di vita da vendere. Vederle giocare, poi, ti fa capire che per queste donne la pallavolo va oltre quei diciotto metri, la pallavolo rappresenta tutto quello che non sono riuscite ad essere, tutte le scelte non prese, tutte le volte che hanno detto non posso farcela. La pallavolo sono i sacrifici, le ore lontane dai figli, le volte in cui quei figli gridano forza mamma, durante un match. Le partite se le portano dietro, quando cercano inutilmente un lavoro, quando si alzano all’alba, quando, dopo un giorno estenuante, corrono con la macchina per arrivare agli allenamenti. Si sente nell’aria, mentre giocano, tutta quella voglia di vincere che le altre giocatrici non hanno e non possono avere, perché ancora sono lontane dai loro anni di vita. In quel campo, in ogni incontro, avviene un piccolo miracolo, dalla prima all’ultima rappresentano un piccolo grande miracolo. La pallavolo per le donne dell’A.S.D. Cyclopis rappresenta una rivincita, un riprendersi in mano la propria vita e, questa volta, gridare con tutta la loro forza sì, io posso farcela!
Una squadra che ti far venir voglia di ricominciare a fare tutto quello che hai lasciato andare, convinta di essere fuori tempo massimo.
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