Gli aggettivi non bastano più, si sprecano le parole, si moltiplicano i complimenti. Questa Italia operaia che sa soffrire e combattere, resistere e ripartire, ha fatto innamorare non solo gli abitanti del bel paese, ma l’Europa intera. Suscitando entusiasmo ed emozioni sopite da troppo tempo.
Un’Italia concreta, ordinata, disposta tatticamente in modo ineccepibile da Mancini e che ha giocato un’autentica partita a scacchi con l’amico Luis Enrique. La Spagna talentuosa e invincibile di alcuni anni fa è vero, è un lontano ricordo, ma quella messa in campo dall’allenatore catalano ha mostrato un calcio ossessivo, noioso, se volete, ma che fa del palleggio la sua arma migliore e che ha impedito, di fatto, agli azzurri di fare il proprio gioco.
L’Italia e il possesso palla
I dati del possesso palla sono impietosi: 65% contro il 35% a favore delle furie rosse. I numeri sono chiari e inequivocabili: gli spagnoli hanno comandato sul campo, mettendo in seria difficoltà i nostri ragazzi che non hanno quasi mai potuto esprimere il loro calcio. E poi però ci pensa Federico Chiesa, man of the match Uefa, a spaccare la partita, a fare quel tiro a giro che è il marchio di fabbrica di Insigne e che lascia di stucco Simon.
Ma il ct spagnolo non si rassegna, rimescola le carte e manda in campo lo juventino Morata che, a dieci minuti dalla fine e con una bella triangolazione al limite dell’area, infilza l’incolpevole Donnarumma. I tempi supplementari si consumano in fretta e non bastano a stabilire chi tornerà a Wembley a giocarsi l’ambito trofeo. E allora saranno i tiri dal dischetto a decretare la finalista. Gli errori di Locatelli e di Dani Olmo si annullano.
Poi Gigio para su Morata. Tocca a Jorginho calciare l’ultimo rigore. Ed è una rasoiata sottile e affilata, neanche troppo forte, ma chirurgica, precisa e dannatamente elegante. Che spiazza Simon e che porta gli azzurri in paradiso. Adesso che tutto è compiuto, sarà l’ultimo round a stabilire chi tra Inghilterra e Italia sorriderà ancora. A chi toccherà in sorte di alzare la tanto agognata coppa e a chi invece resterà l’amaro titolo di vice campione europeo.
Gli inglesi sembrano ottimisti e, dopo il successo sulla Danimarca, cantano ancora a squarciagola “God save the queen”, credendo fermamente nell’affermazione finale, forti del fatto che, teatro dello scontro sarà, ancora una volta, il loro Wembley. Noi invece teniamo un profilo basso, andremo a giocarcela mettendo ancora in campo mente, cuore, gambe e polmoni. E tutta la forza che i nostri ragazzi riusciranno a raccogliere, fino all’ultima goccia di sudore. Affinché il nostro eroico “Inno di Mameli” domenica sera risuoni più forte nel cielo di Londra.
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